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giovedì 11 giugno 2020

Gli imprenditori dopo il Coronavirus: la responsabilità di prendere decisioni che guardano lontano

1. Premessa
Il Coronavirus è una tragedia per il mondo delle imprese, ha determinato la più grave crisi economica dal dopoguerra. Sono un imprenditore con quattro aziende e non ho nemmeno usufruito del bonus di 600 euro che il Governo ha stanziato per ogni persona in possesso di partita iva. Non parliamo di tutto il resto dei soldi messi a disposizione del Governo, solo tante parole ma senza nessuna sostanza concreta. A parte questo discorso, ecco alcuni miei punti di riflessione e prospettive per interpretare il presente e affrontare scelte cruciali che guardano al futuro, in difesa delle aziende e dei loro lavoratori.

2. Che cosa sarà delle mie imprese dopo il Coronavirus?
Manager, imprenditori e leader aziendali sono chiamati a scelte importanti. In una fase così delicata e dolorosa, occorre assumere un approccio razionale, energico, senza perdere occasione per fare leva e ridurre i costi, presidiare la relazione con i clienti, estendere il nostro sviluppo imprenditoriale alle nuove opportunità che ci sono, sostenere vecchi e nuovi partner agendo su ridefinizione di finanza . Come sostiene un recente articolo su Harvard Business Review, l’emergenza non porterà necessariamente a chiusure di aziende e licenziamenti. Il consiglio? Comunichiamo apertamente, condividiamo il dolore, quando emerge, coinvolgiamo collaboratori e partner nella generazione d’idee, consideriamo tutte le opzioni, persino quelle meno convenzionali, e soprattutto non perdiamo mai di vista i nostri valori e la qualità delle nostre relazioni. Guardare ai fatti, superare le trappole mentali. Qualcuno, compreso il sottoscritto, aveva capito dall’inizio del contagio in Cina che sarebbe stato un maledetto problema. Paul Singer, il 75-enne fondatore del fondo Elliott, che il primo febbraio aveva messo in allerta i suoi collaboratori, 473 professionisti sparsi per tutto il mondo, segnalando che il virus era già subdolamente in circolo tra i soggetti asintomatici, consentendo al fondo di prendere opportune misure e chiudere il primo trimestre con un risultato ancora positivo del 2%. Se il virus aveva messo ko una provincia del gigante asiatico popolosa quanto l’Italia, era molto ragionevole aspettarsi che sarebbe arrivato anche qui, ma il resto del mondo credeva che sarebbe stata ancora una volta un’epidemia lontana, circoscritta, gestibile. Tuttavia, guardando alle modalità di diffusione del contagio: elevata asintomaticità, lunga incubazione, facile trasferimento, lunga positività dopo la scomparsa dei sintomi, variabilità dei fenomeni, era un teorema non così difficile, siamo però abituati a maturare opinioni in modo collettivo. Possiamo essere positivi o contrari a un punto di vista, ma solo all’interno di un’agenda e di un set di opzioni, si chiama “teoria dell’Agenda Setting”, se nessuno parla di qualcosa, semplicemente questa cosa non esiste. Ciò a cui non abbiamo mai assistito nelle nostre esperienze passate, non è percepito all’orizzonte. Un nostro difetto è che ci basiamo su esperienza e opinione, non su pensiero e ragione, la lezione da Platone a Voltaire non è passata. Al contrario, è proprio il rumore generato dalla nostra forma sociale sempre più interconnessa a generare ombre e pregiudizi cognitivi, bias dicono gli anglofoni. Per liberare invece la potenza del nostro pensiero dobbiamo guardare ai fatti: torniamo umili, dimentichiamo vincoli e trappole mentali. A questo ci chiama il ruolo di leader. È questo il compito, maturare opinioni e prendere decisioni in controtendenza, pensando di mettere al sicuro il proprio Business dopo il Coronavirus. Come si legge nel Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry, per guidare persone a costruire una barca, prima di assegnare compiti, insegna loro ad amare l’immensità senza fine del mare.

3. Immaginare il futuro: le variabili in gioco
Dimentichiamo per un attimo il concetto di ritorno alla normalità e le dimensioni del come e del quando. Occorre immaginare il business dopo il Coronavirus sapendo che il grado di incertezza è tale che il futuro non è modellizzabile, perché dipende da un mix troppo ampio e mutante di fattori. Prevenzione e cura : Test rapidi e precoci, vaccini, anticorpi e siero, antivirali, antinfiammatori, mascherine e altre protezioni, app e sistemi di tracciamento, presidi medici territoriali e riorganizzazione del sistema sanitario, dotazioni di posti in terapia intensiva e respiratori, presidi sul territorio a verifica delle applicazioni delle norme, accordi con altre nazioni per la mutua assistenza nelle fasi di picco. Basterebbe metà di queste cose fatte a livello professionale ? Non proprio: non conosciamo ancora né la durata dell’immunizzazione per i guariti, né le possibilità di mutazione del virus in forme che possano scavalcare immunizzazione e vaccini per riproporsi forse con sintomatologie ancora più drammatiche e probabilmente subdole.

4. Organizzazione
Il nostro scenario è descritto dalla capacità da parte di chi ci governa di contemperare distanziamento fisico e sicurezza con l’apertura delle attività lavorative e personali: aziende, esercizi, servizi, trasporti, tempo libero. Un’apertura che auspichiamo possa essere per livelli articolati su una matrice granularizzata che ha per dimensioni il territorio, differenziato per indice di trasmissione “R con zero”, e presidi di sicurezza e sanitari applicati.

5. Tempo
Un’altra variabile importante è la velocità con la quale entrambe le cose sono gestite. Perché il range delle opzioni a disposizione di un’azienda si riduce via via che il tempo passa. C’è differenza tra una riapertura delle attività lavorative oggi oppure quando ormai la merce è deperita, i contratti di fornitura sono stati annullati con una penale, il cliente ha scelto il concorrente estero al nostro posto, la gestione finanziaria si è deteriorata, i contratti di lavoro sono stati terminati, il personale è stato lasciato a casa , i costi di gestione da pagare e così via.

6. Managerialità : La capacità del nostro Governo di procedere con chiarezza e linearità è cruciale per il futuro di ogni business dopo il Coronavirus, perché la certezza delle norme è ciò che consente a imprenditori e manager di definire il quadro su cui investire. Il Paese non ha una tradizione di eccellenza su questo aspetto.

7. Finanza
Anche qui non siamo favoriti. In Italia il quadro della stratificazione di agevolazioni prodotte in poche settimane è già paradossale per la complessità e per i costi che genera per la sua stessa gestione. E il contesto economico e finanziario internazionale ci vede come Paese target di speculazione purtroppo a causa delle nostre politiche storicamente erratiche e bassa capacità di governance degli impegni presi e delle risorse affidate.

8. I numeri di un disastro
Lo scenario già stimato a marzo da CERVED per le aziende Italiane è di una perdita di fatturato fino a 470 miliardi di euro nel 2020 e 172 nel 2021. E non abbiamo motivo per credere che nuove stime non possano rappresentare una situazione ancora peggiore. Soprattutto a fronte del fatto che le aziende italiane hanno subito chiusure maggiori per estensione rispetto alle omologhe di diversi Paesi esteri, perdendo quindi posizioni di mercato storiche e subendo molteplici danni in modo difficilmente rimediabile. Il 30 marzo scorso Confindustria segnalava la gravità della situazione di doppio shock, dal lato della domanda, con il rinvio delle decisioni di spesa da parte dei consumatori, la chiusura delle attività commerciali e l’azzeramento dei flussi turistici; dal lato dell’offerta, con il blocco di numerose attività produttive sia per decreto sia per consentire la sanificazione dei luoghi di lavoro delle imprese funzionanti. Confindustria pubblicava un report che indicava una stima di perdita sul PIL del 10% sul primo semestre e del 6% sull’anno, a condizione che da metà aprile si procedesse a una progressivo ritorno alla normalità. E soprattutto Confindustria segnalava che ogni settimana di ritardo sul rientro alla normalità avrebbe determinato un ulteriore -0,75% sul PIL. Capiamo quindi il danno di ogni minuto perso sulla riorganizzazione delle misure di presidio sanitario e di riapertura delle imprese. In termini di competitività del Paese, l’impegno maggiore per la riapertura dovrebbe essere sui settori maggiormente attivi nell’export e maggiormente esposti alla concorrenza internazionale e in genere sul comparto manifatturiero, a maggior ragione in presenza di ordinativi in obsolescenza o a rischio di cancellazione. Il 14 aprile, il Fondo Monetario Internazionale ha sancito il peso glaciale del danno sul nostro Paese. La previsione è di -9,1% sul PIL. L’Italia è la nazione che sconta il differenziale più alto, seguita solo dalla Grecia. Ovviamente questo dramma non può essere considerato una fatalità, ma deve essere letto nella relazione tra governance pubblica, media e cultura d’impresa nella società italiana i tre vertici tra cui si è consumato. Solo tre giorni dopo Bankitalia ha ulteriormente peggiorato la stima, prevedendo a -10% il PIL del 2020 e confermando -0,5% di ulteriore calo per ogni settimana di ritardo sulla ripresa delle attività produttive.

9. La nuova norma e come prepararsi
Secondo un recente articolo di McKinsey, il quadro è così incerto che andrebbe configurato un modello di navigazione per frame temporali da qui a due anni, e solo al termine potremmo parlare di una nuova norma.

10. Salvare il business dal COVID19
Ci sono molte variabili in gioco, nuove informazioni ogni giorno e complessità da tenere sotto controllo. In un contesto di partecipazione al dolore per le perdite umane e la sofferenza, chi ha la responsabilità d’impresa deve guardare alla competitività dell’entità economica che gestisce, unitamente alla sicurezza e motivazione dei propri collaboratori. Presidi per la salute e la sicurezza di lavoratori, dei fornitori e dei clienti, a partire da distanza fisica, igiene, mascherine, guanti, temperatura; smart working, a vele spiegate, per traghettarci dal telelavoro un po’ legnoso a una modalità lavorativa esponenziale, che si realizza compiutamente non solo con tecnologie e piattaforme ma anche con processi, nuovi momenti di socializzazione, un diverso mindset; Sostegni e agevolazioni, quindi il costante presidio delle nuove misure a supporto delle imprese;

11. Gestione d’emergenza della situazione finanziaria, dal budget al cash flow
I consigli del CFO per fronteggiare il calo di fatturato e liquidità, Andrea Pietrini, Chairman e Founder di YOURgroup, riassume le raccomandazioni per la gestione finanziaria con una una check-list per le aziende che stanno vivendo il forte e rapido calo di fatturato e liquidità, superare questo choc è il primo passo per poter immaginare come far evolvere il proprio business dopo il Coronavirus e durante l’emergenza: - piano di cassa e piano finanziario, subito e su diversi scenari di riduzione del fatturato a medio termine; - margine di contribuzione: occorre puntare sui prodotti/servizi più redditizi e sui clienti potenzialmente meno rischiosi: non cercate di recuperare il fatturato a tutti i costi, ma sforzatevi di essere selettivi, soprattutto in ottica di rischio credito, che tenderà a salire. La liquidità diventa la priorità; - costi generali, occorre un’analisi e un piano per ridurli, ricordando che ci sono sempre sacche di spreco in azienda; - finanza agevolata e ammortizzatori sociali, azionate immediatamente tutti gli aiuti disponibili; - capitale circolante, massimizzate le fonti finanziarie analizzando i crediti in bonis, ma a scadenze lontane, per capire le possibilità di fattorizzazione o quelli “incagliati” su cui fare azioni attive di recupero, di vendita o di stralcio e magazzino (rivedere i prodotti fermi da tempo o a lento movimento per azioni di liquidazione); - attivo fisso: verificate se ci sono beni non necessari per l’impresa e utili a generare cassa straordinaria; - credito non utilizzato, verificate se avete disponibilità di accesso non utilizzate e azionate finanziamenti di sicurezza; - moratorie e rinegoziazione del debito, azionate immediatamente tutte le opportunità; - nuove fonti finanziarie, è il momento per avvicinarsi agli strumenti fintech, innovativi e soprattutto veloci.

12. Salviamo i clienti
Qual è il patrimonio più importante che abbiamo costruito prima dell’emergenza, l’azienda o i suoi clienti? Si può creare un’azienda da zero se abbiamo un portafoglio clienti, al contrario, le aziende senza clienti falliscono, quindi non facciamoci distrarre, è dal cliente che dobbiamo sempre ripartire.

13. Cambiare posizionamento e business model
Alcuni settori hanno ricevuto un impatto positivo dalla crisi: alimentari, digitale, delivery, sanitario. Altri, molti di più, hanno subito un impatto estremamente negativo: viaggi, auto e moto, abbigliamento, accessori, lusso, alberghi e turismo, arredamento, sport, cultura, tempo libero, vivaismo, cura della persona e medicina non essenziale, eventi, carburanti, ristorazione, retail, manifatturiero e prodotti e servizi per le imprese. Si tratta, allora, di comporre una mappa in cui posizionare il proprio business e capire come indirizzarlo verso i settori favoriti dalla crisi, oggi e nei prossimi passaggi, valutando il punto d’arrivo a fine corsa, cioè valuterò l’opportunità della trasformazione non in ragione del primo cambiamento che affronto, ad esempio una prima innovazione nel go-to-market, bensì di accelerazione della trasformazione del modello di business, guardando già al punto d’arrivo. L’emergenza virus non è una parabola, cioè un’emergenza che poi riatterra sullo stesso terreno, ma una spirale di trasformazione, quindi non torneremo alla normalità, ma a una dimensione nuova. Non sarà una dimensione “ridotta” rispetto al passato, sarà una dimensione per un certo periodo con diverse limitazioni ma da subito con nuove modalità di sviluppo imprenditoriale, poi la ripresa potrebbe essere ancora più drammatica che in passato, sicuramente con maggiori disparità tecnologiche e patrimoniali. Le aziende più diversificate (e più presenti nei settori favoriti dal COVID), più forti, più digitali e operanti in sistemi Paese meglio organizzati, prevarranno sulle altre. Si imporranno nuove regole, nuovi ordini, una nuova velocità, ancora maggiore. Le montagne russe della finanza e lo scacchiere delle agevolazioni del periodo corona virus lasceranno nuovi poveri, nuovi ricchi, nuove aggregazioni. A livello nazionale, come internazionale: micro e macro. In definitiva, non sarà importante che un’azienda o un Paese abbia fatto il segno meno. Sarà importante quanto questo segno meno è superiore ad altri segni meno. Contano i numeri relativi. La trasformazione del proprio business deve avvenire oggi abbracciando l’innovazione nel modo più aggressivo. Se il business aziendale ieri era la ristorazione, oggi si guarda immediatamente al delivery dei pasti pronti, domani si ragiona sulla realizzazione di un prodotto confezionato per la distribuzione e dopodomani si presta consulenza ad altri per lo stesso servizio, creando aggregazione, trasformando quello che è partito come un canale di test in una piattaforma. L’evoluzione sta avvenendo sotto i nostri occhi: The Fork sposta i business sul puro delivery; Comehome trasforma i party a casa in virtuali; Deliveroo e Supermercato24 già a marzo davano una crescita del 30-40%, facendo fatica a soddisfare tutti gli ordini; nascono nuove ghost kitchen, che sono ristoranti rivolti esclusivamente al delivery e si affacciano nuovi servizi di consegna della spesa e di ogni altro bene consentito. Il tema per loro sarà la traiettoria di evoluzione del modello di business dopo la fase di emergenza. E lo schema sta funzionando, secondo il Centro Studi Fipe, il 14,5% dei ristoranti si è attrezzato con servizi di delivery. Fipe, che è la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, ha anche lanciato la piattaforma Ristoacasa.net, proprio per dare visibilità ai ristoranti che offrono il servizio, l’unico che permette loro di lavorare, che conta già oltre mille esercizi a metà aprile e cresce di 40/50 al giorno. Nel frattempo, società come Dishcovery e Tiller – già attive nel settore – hanno iniziato a offrire servizi di consulenza per aiutare i ristoratori nella transizione normativa e digitale. Asset e scorte di nuovi fornitori, disponibili per ordini cancellati da altri clienti, possono essere reimpiegati; Fornitori che hanno perso clienti applicano nuove campagne sales. Questo non è sciacallaggio, è fornire un’opportunità di recupero e di ripartenza su prezzi da crisi; Società che offrono servizi a prezzi agevolati per cogliere l’opportunità del formarsi di una nuova domanda con strategie di penetrazione anzichè di scrematura, diversamente da come farebbero in periodi di espansione della domanda . Studi di consulenza e associazioni offrono check-up gratuiti, percorsi di trasformazione digitale e facilitano le partnership tra i loro clienti; Lavoratori non più impegnati sui business tradizionali mettono a disposizione le loro competenze e voglia di ripartire; Il minor tempo speso nelle attività tradizionali viene reimpiegato nella produzione di modelli di offerta meglio combinati e più agili. I consumatori il cui livello di risparmio non è stato intaccato dalla crisi potrebbero vivere, nei passi verso una progressiva e parziale riapertura, una fase di revenge shopping – come avverte Giuliano Noci, professore di Marketing al Politecnico di Milano. Anche i mondi del travelling, ristorazione, sport e tempo libero potrebbero ricevere gli effetti del revenge shopping, cioè una parte dell’offerta potrebbe riposizionarsi verso l’altro per quella porzione di clientela uscita relativamente benestante dalla crisi e desiderosa di recuperare i consumi perduti. Se ancora per un po’ di tempo questi consumi avranno dei limiti, le porzioni di essi via via accessibili potrebbero avere un posizionamento verso l’alto. Ad esempio, i ristoranti saranno aperti solo a condizione di ridurre i coperti e mettere in atto una serie di presidi, per cui ipotizziamo uno spazio di aumento del prezzo, che in parte verrà messo in relazione agli accresciuti costi diretti per coperto, in parte verrà giustificato attraverso un riposizionamento verso l’alto dell’offerta ove possibile pochi tavoli ma con un menu, un’accoglienza, un intrattenimento speciale. Se da 20 coperti un ristorante passa a 8, perché deve dimezzare i tavoli e ridurre le persone per tavolo, per garantire la sostenibilità del proprio business, dovrà scegliere tra: ridurre il personale; rinunciare a una parte degli utili; alzare i prezzi, facendo leva sulla riduzione dell’offerta magari argomentando un menu fisso oppure una sua maggiore valorizzazione (musica dal vivo, serate a tema); oppure, all’opposto, aumentare la rotazione dei tavoli, contando su una maggiore velocità del servizio. Insomma, cambiamenti normativi che generano scelte di riposizionamento, già iniziano le riflessioni in tutti gli ecosistemi. Nel mondo della moda, Giorgio Armani denuncia l’eccesso di pre-collezioni e le sfarzose modalità di promozione attraverso eventi, viaggi e show diventati ormai faraonici. In una lettera a WWD, diretta ai suoi clienti americani, lo stilista spiega che questa crisi è l’opportunità per rallentare la frenesia produttiva del sistema moda, a vantaggio di una slower fashion. Le aziende saranno a un bivio: cavalcare il desiderio di revenge oppure sottolineare la nuova consapevolezza. Sono decisioni che esse prenderanno ascoltando tutti i giorni il mood e aggiornando continuamente i loro scenari. Ferveranno dibattiti e analisi nelle board rooms, i leader faranno le loro mosse, i follower si riposizioneranno con scelte me too o contrarian. I più coraggiosi investiranno nella costruzione di nuovi modelli densi esperienziali e sociali intorno ai loro brand. Tra le molte applicazioni, il monitoraggio dei consumi energetici e la loro gestione è in questo momento probabilmente la più richiesta, perché consente una celere riduzione dei costi, senza impatto su produttività e offerta al cliente. Ci sono società altamente specializzate, che forniscono il servizio per impianti, edifici, server e qualsiasi altra realtà. E’ il caso di Smartik, innovativa piattaforma IoT in ambito localizzazione, monitoraggio energetico e infrastrutturale, video-sorveglianza, che proprio in tempo di Coronavirus ha stretto un accordo con Ouvert, società che opera nella fornitura di servizi di energy data intelligence attraverso soluzioni IT proprietarie, per offrire congiuntamente sensori, rete, piattaforma software, dashboard per la rilevazione dei dati e una serie di suite e competenze di modellazione energetica, benchmarking, ottimizzazione, gestione conguagli e rinegoziazione.

14. Il nuovo scenario
Ogni azienda, ogni imprenditore costruirà il suo scenario e lo riscriverà ogni settimana. Differente contesto normativo : Rivoluzione dello scenario competitivo internazionale. Le aziende deboli diventeranno ancora più deboli, quelle forti ancora più forti. Il divario sarà accresciuto da: capacità del Paese di sostenere il proprio sistema economico; equità nel farlo, anche bilanciando i diversi impatti tra i settori; grado di restrizione all’attività economica e suo prolungamento; difficoltà di supply chain. La presenza di un allineamento negativo su tutti questi aspetti sarebbe la tempesta perfetta. In Italia ne abbiamo diversi. Differenze nella domanda: aumenteranno le diseguaglianze economiche nei redditi e patrimoni di famiglie e individui; e si polarizzeranno gli approcci, tra chi ritornerà ai consumi con revenge, chi avrà uno sguardo più consapevole o intimo, frugale e chi manterrà un nuovo stile più digitale; Pensiero esponenziale: mai così tante persone, mai così tante competenze e conoscenza, mai così tanta comunicazione, mai così tanti uniti sullo stesso problema, mai così tanta tecnologia, mai così tanto tempo da investire, mai così tanto divario tra liquidità disponibile e debito; Finanza: crescite e fallimenti porteranno all’aggregazione per settore e per filiera, ma anche favoriranno la crescita di nuove start-up per i più competenti, connessi e operosi; La creazione dei nuovi business model proseguirà a ritmo accelerato fino al termine della crisi, con esiti imprevedibili: ogni settimana lo scenario cambia. Riduciamo i costi alternando finanza operativa e tecnologie come l’IoT per monitorare impianti e infrastrutture; Identifichiamo clienti nelle aree di traino e sui nuovi bisogni; Migriamo il nostro business model verso quei percorsi che avremmo realizzato comunque e che colpevolmente avevamo lasciato indietro: adesso abbiamo tempo e motivazione per aggredire l’innovazione. E poi prendiamo il passo da qui per guardare a ciò che la crisi sta mettendo in movimento; Rivediamo nuovi business, rispettando i nostri fornitori ma guardando anche alle nuove dinamiche dell’offerta. Personalmente sto valutando il settore della sanificazione e altri nuovi progetti all'estero che avevo in mente . È iniziato un nuovo percorso, di qui non conosciamo il punto d’arrivo ma dobbiamo distinguerci per usare il pensiero con maggiore autonomia. Ci sono delle opportunità: non possiamo renderci conto di non averle viste , come non avevamo visto l’emergenza che arrivava.

MAURO GHETTI

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