Come che si vogliano leggere le affermazioni dei nostri onorevoli rappresentanti, la proposta di Draghi è fondata sul presupposto che la Didattica a Distanza ha comportato una significativa riduzione della qualità e della quantità dei programmi delle varie discipline previste dai curricoli scolastici e, soprattutto, da una pesante riduzione delle competenze acquisite dagli studenti.
Bisogna riconoscere che effettivamente la didattica a distanza ha messo in drammatica evidenza il digital divide che esiste in Italia: non tutte le famiglie possono permettersi di disporre di strumenti informatici adeguati e non tutte le aree sono raggiunte da un collegamento alla rete efficace e di una banda sufficientemente ampia per consentire di seguire le lezioni senza continui problemi.
Inoltre in alcuni casi, per fortuna non la maggioranza, alcune scuole hanno semplicemente chiuso e non hanno avuto i mezzi per assicurare né la didattica in presenza né la didattica a distanza.
Le risposte dei sindacati alle affermazioni del Primo Ministro sono state nel migliore dei casi caute, nel peggiore fortemente elusive. La richiesta più comune è di ottenere risorse economiche aggiuntive e di delegare ai collegi docenti delle singole istituzioni scolastiche la decisione di prolungare o meno l'anno scolastico.
Quello che emerge con drammatica chiarezza è che sia il governo sia i sindacati abbiano un modello frammentario e parcellizzato della scuola. In altre parole ci presentano il quadro di una scuola a brandelli da rattoppare alla meno peggio.
Per di più appare quantomeno contraddittorio che prima si affermi che la didattica a distanza è didattica a tutti gli effetti, e poi si affermi la necessità di prolungare il tempo-scuola in presenza per recuperare i periodi di didattica a distanza.
Nessuno ha fatto cenno alla fattibilità di ciascuna soluzione proposta in termini efficacia, efficienza e disponibilità di risorse logistiche, umane ed economiche.
Per esempio mentre in Francia esiste una piattaforma governativa per la didattica a distanza che tutela i dati personali di docenti e discenti e che garantisce la validità dei servizi erogati, in Italia il governo non ha mai messo in campo alcuna iniziativa analoga, delegando alle scuole la soluzione di problemi spinosissimi, non ultimo quello della sicurezza informatica.
Inoltre nel nostro paese si mena il vanto di avere una scuola azienda, ma ancora una volta senza tener conto delle problematiche legate alle effettive risorse. In un'azienda privata, in epoca di covid, ai dipendenti in smart working è stato fornito un pc, un telefono aziendale, ed una valida connessione di rete tramite modem portatili o gli stessi smartphone. In Italia la Scuola è un'azienda quando deve accumulare iscrizioni sulla base delle quali aumenta lo stipendio del Dirigente Scolastico: peccato che aumenti solo quello! Infatti i docenti si ritrovano in classi numerosissime sempre più difficili da gestire ed in aule ristrette in deroga perenne alle più elementari norme di sicurezza, e non ricevono alcunché di aggiuntivo a fronte di responsabilità sempre maggiori; anzi la stampa ed alcuni esponenti politici di rilievo hanno affermato che addirittura andrebbero ridotti gli stipendi dei docenti per solidarietà nei confronti dei lavoratori che purtroppo hanno perso il lavoro. Insomma lo sfruttamento è qualcosa per cui i docenti dovrebbero pure ringraziare. Peccato che non si pensi mai che la categoria dei docenti è una di quelle maggiormente afflitte da burnout e che la qualità della formazione che i docenti forniscono ai nostri figli è direttamente proporzionale al loro benessere psicofisico (ma nelle aziende non è obbligatoria l'attenzione al cliente interno?) , alla quantità degli studenti in aula (in 4 ore a settimana di italiano, quanti minuti un docente può dedicare ragionevolmente ai suoi 27-30 studenti?), alle condizioni logistiche, agli strumenti messi a disposizione per lavorare e, naturalmente, anche al salario che è tra i più bassi d'Europa a parità di giorni di scuola. Sarà il caso di osservare che in Italia si va a scuola per 208 giorni, mentre in altri paesi europei si oscilla tra i 185 ed i 195 di media.
Prolungare i giorni di scuola si può. ma si dovrebbe mettere seriamente mano all'edilizia scolastica e, per esempio, fornire climatizzatori alle scuole delle regioni del Sud ove le temperature già a maggio sono piuttosto elevate.
Le scuole europee che vanno avanti fino a fine giugno intanto cominciano la scuola a volte a metà agosto, come accade in Germania perché il clima è rigido anche in piena estate, ma poi durante l'anno scolastico sono previste pause lunghissime di cui in Italia non abbiamo proprio idea. Inoltre le scuole europee conoscono la settimana corta ed orari scolastici che continuano anche in fascia pomeridiana. Vero però tutte le scuole sono dotate di sale ampie dove i docenti possono studiare e lavorare, di mense adeguate e di tutta una serie di accorgimenti logistici - e di buon senso- che in Italia non esistono.
Quello che manca dunque è una visione d'insieme del sistema-scuola ed una razionale considerazione e presa in carico dei problemi nella loro complessità.
Ed invece assistiamo, amaramente, a tanti provvedimenti slegati che mirano a mettere toppe ai brandelli di una scuola che nessuno, fino a questo momento, ha dato veramente prova di conoscere nel suo insieme né di vera volontà di riorganizzarla nel suo complesso in modo da restituire dignità ai lavoratori della scuola - in termini aziendalistici 'alla valorizzazione delle risorse umane- qualità alla formazione delle nuove generazioni e sicurezza ed ergonomia ai luoghi di studio e di lavoro.
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