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giovedì 20 maggio 2021

Un modello diverso di fare impresa (pubblicato su PMI)

Purtroppo, i tempi stanno cambiando ed il fare buoni utili non basta più, specie se questi vengono realizzati a scapito dell’ambiente, del benessere dei dipendenti o degli altri portatori di interessi, i cosiddetti stakeholders. Fanno sempre più premio le prassi virtuose da utilizzare come strumenti efficaci di marketing, ed ottime leve per attrarre investitori e nuove risorse finanziarie, perché rendono più sostenibile il rischio d’impresa e la continuità aziendale. In questa prospettiva si collocano le Benefit Corporation, aziende che, in completa autonomia, decidono di perseguire scopi di interesse generale in aggiunta alla mission caratteristica di ogni azienda, che è quella di realizzare buoni utili. Per ottenere la certificazione di Benefit Corporation bisogna superare un rigoroso processo di valutazione e controllo che coinvolge tutte le funzioni aziendali, analizzando ogni aspetto del modello produttivo e organizzativo: il Benefit Impact Assessment.
La valutazione effettuata in base agli standard del B Lab, una organizzazione no profit internazionale, fa riferimento con particolare attenzione alle pratiche, alle iniziative e ai risultati ottenuti in chiave di sostenibilità, e genera un punteggio finale basato su quattro ambiti tematici: 1. Governance: il modello valoriale di riferimento in termini di trasparenza, correttezza e competenza; 2. Persone: il sistema di relazioni con i dipendenti per il rispetto dei loro diritti e la valorizzazione delle competenze e delle aspirazioni individuali; 3. Community: la capacità di interpretare l’impresa come parte attiva della realtà sociale, impattante su fornitori, clienti e comunità locale; 4. Ambiente: monitoraggio di tutte le fasi della filiera produttiva in relazione al livello di sostenibilità ambientale di processi e prodotti. La Certificazione è rilasciata al raggiungimento di un punteggio minimo di 80 punti. Dal 28 dicembre 2015, su ispirazione di quanto avviene da anni negli USA, l’Italia, prima tra le nazioni europee, si è dotata di una legge che disciplina le Benefit Corporation, prevedendo l’inserimento nello Statuto degli obiettivi di responsabilità sociale, e l’individuazione di un responsabile per il conseguimento di tali obiettivi. Il Decreto Rilancio 2020 ha riconosciuto la concessione di un contributo sotto forma di credito di imposta pari al 50% delle spese sostenute per la costituzione e la trasformazione in società benefit, allo scopo di rafforzare la presenza e la diffusione di tale modello di impresa. Le Benefit Corporations sono presenti in più di 60 Paesi e rappresentano oltre 140 diversi settori merceologici; in Italia sono presenti oltre un centinaio di aziende. Il caso “Fratelli Carli” I fratelli Carli erano titolari di una avviata tipografia ad Oneglia, e nel 1911 si resero conto che l’uliveto di loro proprietà aveva prodotto una quantità considerevole di olive, certamente di gran lunga superiore alle necessità familiari. L'abbondanza di materia prima portò uno dei fratelli, Giovanni, a prendere la decisione di produrre e vendere l'olio in eccesso non in un normale negozio, ma intraprendendo un'attività di vendita porta a porta del prodotto, in modo da fidelizzare i clienti. L'idea si rivelò vincente, e l'antica tipografia di famiglia divenne un ottimo supporto per la commercializzazione e la pubblicizzazione del marchio, "una bambina con la damigiana", creato nel 1922 dal cartellonista Plinio Codognato insieme con la scritta "Fratelli Carli". Dalla fusione delle due attività, tipografica e alimentare, nasce la Fratelli Carli di Oneglia, che nel 1927 diviene fornitrice pontificia, ed esattamente dieci anni dopo, della Real Casa di Savoia. Dopo la parentesi bellica, l’azienda ha continuato a mietere successi, ampliando la gamma dei prodotti alimentari, e avviando anche una produzione di cosmetici naturali; dal 2012 ha anche avviato l’apertura di negozi monomarca in diverse città italiane. Nel 2014 l’azienda Fratelli Carli ha ottenuto il riconoscimento di “Benefit Corporation”, essendosi sottoposta volontariamente alla verifica del proprio livello di responsabilità sociale. L’impegno sociale di questa società si fonda su cinque pilastri fondamentali: • impiego nel ciclo produttivo di materiali in prevalenza riciclabili e biodegradabili; uso esclusivo di energie rinnovabili; • approvvigionamento da fornitori locali che a loro volta esercitano la propria attività nel rispetto di principi di sostenibilità; • cura e motivazione del personale attraverso il riconoscimento di premi e formazione in sostenibilità, nonché con l’impiego di un’elevata percentuale di quote rosa; • promozione di buone pratiche per una corretta alimentazione e sostegno a iniziative umanitarie. Il perseguimento di questi obiettivi è concretamente misurabile sia in termini di progresso sociale che di efficienza economica. A titolo di esempio la Società ha stimato che con l’energia che si propone di risparmiare potrebbe compensare i consumi annuali di quattro furgoni per la consegna dei prodotti, determinando in tal modo un risparmio di costi idoneo ad incidere sensibilmente sui valori di bilancio. Il caso “Illycaffè” Nel corso del mese di marzo 2021, la società Illy, produttrice di un ottimo caffè, ha conseguito lo status di società benefit, inserendo nel proprio statuto una serie di nuovi obiettivi di sostenibilità sociale ed ambientale. Più in particolare, sono tre gli ambiti di intervento recepiti nello statuto e sui quali l’azienda intende focalizzarsi: • il primo riguarda la catena responsabile del valore e dell’agricoltura sostenibile che si realizza attraverso l’analisi e il miglioramento degli impatti lungo tutta la filiera produttiva del caffè, mediante la ricerca sul campo ed il trasferimento di conoscenze, nonché il sostegno all’agricoltura integrata per preservare e migliorare la qualità sostenibile del caffè; • il secondo è legato alla qualità della vita, che viene perseguito attraverso i principi della sostenibilità economica, sociale e ambientale e anche favorendo partnership globali finalizzate a questo obiettivo; • il terzo riguarda l’economia circolare a beneficio del pianeta che prevede il miglioramento dell’efficienza energetica e del consumo delle risorse per ridurre progressivamente le emissioni lungo tutta la filiera. Ma la sensibilità verso queste tematiche viene da lontano e già nel 2011 llly lancia l’idea di certificare la sostenibilità della produzione, mediante l’attestazione rilasciata da DNV GL, con la certificazione RSCP che valuta l’impatto sociale, ambientale ed economico su tutti i portatori di interesse coinvolti nella filiera. Nel 2013 illycaffè entra per la prima volta nella lista delle World's Most Ethical Companies, redatta annualmente da Ethisphere Institute. Ma l’avventura imprenditoriale dell’azienda comincia a ridosso della Prima guerra mondiale, quando l’ungherese Francesco Illy capita a Trieste e si innamora della città e di una donna, e decide di studiare la produzione di caffè per produrre “il caffè più buono del mondo”. Francesco nel corso degli anni consegue una serie di primati brevettando nel 1935 la “Illetta”, la nonna delle macchine per l’espresso da bar, e un metodo di confezionamento rivoluzionario, la pressurizzazione, che mantiene intatte le qualità del caffè e permette di esportarlo in paesi lontani. Nel 1974 Illy propone il caffè in cialde, per preparare anche in ufficio o a casa un espresso come al bar. Nel 1988 deposita un brevetto per la selezione digitale dei chicchi, che permette di scegliere, a uno a uno, solo quelli perfetti. Insomma, il riconoscimento dello status di azienda benefit costituisce per Illy il coronamento di una storia imprenditoriale virtuosa, sempre proiettata alla ricerca dell’eccellenza. Questi due casi sono l’esempio dell’esistenza di un nuovo paradigma imprenditoriale, al quale ispirarsi per innestare un circuito virtuoso di sostenibilità e continuità aziendale.

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