Il 1 dicembre 1970 nel nostro Paese fu approvata dalla Camera dei Deputati la cosiddetta legge “Fortuna-Baslini” (898/1970), quella che concesse la possibilità di “sciogliere il matrimonio”. Questa errata normativa fu l’amaro frutto di un contesto societario in rapida trasformazione, supportato dal cosiddetto boom economico, dal diffondersi di movimenti, non solo giovanili, che contestavano gli apparati di potere dominanti e le loro ideologie, da un femminismo che inneggiava all’antagonismo e alla competitività della donna nei confronti dell’uomo, da una rivoluzione dei valori e dei costumi che modificò anche la mentalità delle persone. Fu il primo passo dell’Italia cattolica verso una secolarizzazione libertaria e individualista e l’inizio di una rivoluzione antropologica ancora in corso e chiaramente profetata il 26 aprile 1974 a Caltanissetta da Amintore Fanfani: “Volete il divorzio? Allora dovete sapere che dopo verrà l’aborto. E dopo ancora, il matrimonio tra omosessuali. E magari vostra moglie vi lascerà per scappare con la serva!”.
Alcuni passaggi dell’iter sul divorzio
Due
furono le basi che portarono all’approvazione della legge. Nell’ottobre 1965 il
deputato Loris Fortuna presentò a Montecitorio un Disegno di Legge riguardante i
“Casi di scioglimento del matrimonio” da attuare a fronte di cinque
situazioni particolari. Nell’ottobre 1968 fu la volta del deputato
Antonio Baslini che propose un Disegno di Legge quasi corrispondente a quello
di Fortuna ma con una tempistica più lunga. Nel novembre 1969 il Disegno di
Legge Fortuna-Baslini giunse alla Camera dei Deputati. Il percorso parlamentare
fu lungo e il testo emendato più volte, fino all’approvazione il 1 dicembre
1970.
Immediatamente
fu indetta una campagna di raccolta firme per abrogare la legge. Il referendum si
svolse il 12 maggio 1974 ma il 59,26% di italiani espressero il loro favore
alla normativa.
Dopo
altri passaggi, prevalentemente giudiziari, la legge ritornò in Parlamento nel
2015 quando fu affiancata dalla Legge 55, proposta dalla deputata PD Alessandra
Moroni, che modificando i tempi per ottenere il divorzio; fu introdotto il
cosiddetto “Divorzio breve”. Quando è presente il consenso di entrambi i
coniugi, il vincolo matrimoniale, può essere dissolto, anche in presenza di
figli minorenni, non più in tre anni ma in sei mesi.
Tempi e numeri del divorzio
Le cause
di scioglimento del matrimonio sono molteplici; tutte definite dalla legge. E,
il divorzio, può essere consensuale o giudiziale. Nel primo caso è sufficiente
l’ accordo tra i coniugi approvato dal giudice, nel secondo il rappresentante
della legge interviene con provvedimenti nelle situazioni di conflitti.
Per
quanto riguarda i “tempi” si è passati dai cinque anni tra la richiesta e
l’esecuzione previsti dalla Legge 898/1970, a tre anni mediante le leggi 436/1978
e 74/1987 per giungere, come affermato, a sei mesi in caso di separazione
consensuale.
I tempi per sancire l’irreversibilità della
crisi, non sono secondari. Così si espresse sul “divorzio breve” il cardinale Angelo
Bagnasco, allora presidente della CEI nella “Prolusione” al Consiglio
Permanente il 4 marzo 2014. “I tempi più
lunghi tra la separazione e il divorzio sono in una funzione di aiuto, non
vogliono essere una coercizione. I tre anni oggi previsti per ottenere il
divorzio sono, da parte della società e dello Stato, una possibilità perché le
persone coinvolte possano far decantare l’emotività e le situazioni di
conflitto e per un tempo di maggiore riflessione e di pausa in modo da
affrontare con maggiore serenità un passo così grave”. “Accorciare questo tempo
– proseguì il presidente della CEI –
apparentemente può essere una maggiore
considerazione della libertà degli individui ma sarebbe, dall’altra parte, una
facilitazione ad una decisione così grave, non solo per i coniugi ma per il
Paese intero poiché il matrimonio non è un fatto meramente privato”.
Il
“divorzio breve”, dunque, fu un altro passaggio che mostrò come il matrimonio
non è più recepito come un bene societario, ma un “contratto” individualista o
un “fatto privato”, separato dalla dimensione sociale e istituzionale. Ora,
alcuni sollecitano il “divorzio lampo” o “divorzio immediato”, altri i cosiddetti
“patti pre-matrimoniali”; una sconfitta dopo l’altra dello Stato nei confronti
della famiglia, scordando come affermò Igino
Giordani, politico e cofondatore del Movimento dei Focolari, che: “Salvare la
famiglia è salvare la civiltà. Lo Stato è fatto di famiglie; se queste
decadono, anche quello vacilla”.
Per
comprendere la gravità del fenomeno, esaminiamo i dati.
Nel 1995,
venticinque anni dopo l’entrata in vigore della legge, per ogni 1.000 matrimoni
si contavano 158 separazioni e 80 divorzi, mentre nel 2015 si è arrivati a 311
separazioni e 182 divorzi ogni 1000 matrimoni per un totale, in un anno, di
88.797 separazioni e 53.806 divorzi. E nel 2018 si sono registrati 94.165
separazioni e 64.371 divorzi. Da notare che mentre agli inizi degli anni 70’
quando fu approvata la legge, i matrimoni erano circa 500mila l’anno, nel 2018
siamo scesi a 203.258. E, il 72% delle separazioni e il 62,7% dei divorzi
riguardano coppie con figli nati nel corso del matrimonio.
Perché
un boom di divorzi?
Molteplici
sono le cause ma due basi sono comuni: l’attacco mediatico continuo e
progressivo nei confronti della famiglia e i comportamenti o modelli culturali
proposti dall’ambiente societario. In particolare: l’ amore sempre più
romantizzato, il martellante discredito dell' “impegno definitivo”, i
tradimenti come normalità, la rinuncia al “sacrificio” che ogni unione
comporta, la separazione, in alcuni casi, tra matrimonio e procreazione, la
figura che la donna ha dovuto assumere negli ultimi decenni: moglie, madre,
lavoratrice, il degrado della figura uomo-padre, l’esasperato individualismo che
ritiene la felicità personale un diritto assoluto.
Il
divorzio investe tutta la società
Un grosso equivoco da superare è il rinchiudere
“l’indissolubilità del matrimonio” nell’ambito del cristianesimo, poiché questo
valore è ben maggiore e riguarda ogni coppia. Il matrimonio, celebrato con rito
religioso o civile, comporta un “consenso libero degli sposi” che si promettono
“amore esclusivo ed eterno” di fronte a qualsiasi situazione e l’apertura alla
generazione. Se in qualsiasi momento è fattibile ripensare e annullare un
impegno assunto davanti a Dio o alla società, questo, ovviamente, smarrisce il suo
significato intenso e profondo. Inoltre, del divorzio non sono presenti indizi
nella Costituzione che si fa garante del ruolo della famiglia eterosessuale,
sancita dal vincolo del millenario istituto matrimoniale (cfr.: artt. 29-31 e
37).
Il
divorzio è una consistente ingiustizia per i figli procurando loro sofferenze
affettive e psicologiche
I figli, piccoli o grandi, il più delle volte,
soffrono molto per l’irresponsabilità di quei genitori che divorziano, poiché soprattutto
bambini e ragazzi non possiedono le capacità per comprendere ciò che sta
avvenendo. Di conseguenza, il divorzio, è vissuto come un abbandono, oppure si ritengono
oggetti contesi tra mamma e papà.
Tra le migliaia di lettere che popolano il web, propongo quella di Anna che ben
descrive la sua sofferenza e il suo disagio.
“Ho 23 anni e i miei
genitori sono divorziati da 10. Se ripenso a tutti questi anni devo dire che il
divorzio di certo non ha migliorato la vita di nessuno di noi, anzi, di certo
ha peggiorato la mia, ma quello era ovvio, ma non vedo la felicità neppure
nella vita dei miei. Io e mio fratello, che ha un anno meno di me, non li
consideriamo neppure dei genitori. Ci hanno rovinato la vita e lo fanno
tuttora. Credete che la guerra tra loro, dopo tutti questi anni, sia finita?
Sono ancora lì a farsi dispetti. E sempre attraverso me e mio fratello, perché
pensate che siano abbastanza maturi da parlare come due persone civili? Ci
hanno fatto passare l’inferno. Mio papà mi ha torturata. Dovevo sopportare ore
e ore d’insulti verso mia mamma (e stare zitta) e dovevo portargli il conto
delle spese e chiedergli l’assegno di mantenimento, ogni mese. E ogni volta non
voleva pagare certe spese e allora si litigava. Io avevo 14 anni. Ma vi rendete
conto? Come fanno dei genitori a caricare una ragazzina di certe responsabilità
e poi venivano a piangere da me ed io dovevo consolarli. Quanto li detesto! E
mia mamma non pensate che sia stata da meno… A lei devo riconoscere che ha
fatto davvero un sacco di sacrifici per mantenerci perché mio papà non le ha
mai dato nulla. Ma è uscita con un sacco di uomini finché non se n’è portata a
casa uno e ci ha fatto una bambina. Ma dovevate vedere questo tipo; uno schifo
d’uomo. Io e mio fratello ormai avevamo 19 e 18 anni e vivere con un estraneo,
che passava le giornate a dormire non potevamo sopportarlo. Mio fratello allora
è andato da mio papà che ha pensato bene di andare dal giudice e farselo
affidare, per poi sbatterlo fuori di casa dopo un mese dalla sentenza, così lui
figura di mantenere mio fratello ed io di essere sotto mia mamma. Il fatto è
che mio fratello abita con noi e non ha mai ricevuto un euro dal mio grandioso
papà ed io nemmeno, visto che lui doveva mantenere mio fratello. Con quella
specie di compagno di mia mamma ho litigato furiosamente e ora se n’è andato.
Mi sento terribilmente in colpa verso la mia sorellina, ma d’altra parte dovevo
difendere mio fratello, che ormai non poteva più convivere con quell’uomo del
cavolo. Io sono all’università, ho un appartamento in affitto e vado avanti con
la borsa di studio. Mio papà e mia mamma mi danno 80 euro ciascuno per
l’affitto, ma adesso sono tre mesi che mio papà magicamente si dimentica di
versarmi il bonifico. Mio papà mi dà dieci euro di mancia quando vado a
mangiare da lui, circa due domeniche il mese e pretende di ricevere il regalo a
natale e al compleanno. Genitori miei fate schifo! Scusate il lungo resoconto” (Da: forum alfemminile.com).
Una lettera chiara e
intelligente che non necessita commenti ma solo invoca una profonda riflessione
a papà e mamme che intendono divorziare. .
Possediamo, inoltre, delle ricerche internazionali
che evidenziano la sofferenza affettiva e psicologica dei figli dei divorziati.
Una ricerca del 2003 di B. Elshtain, docente di
psicologia presso l’università di Stanford e studioso dell’età adolescenziale,
ha mostrato statisticamente che negli Usa 3 suicidi su 4 di adolescenti
coinvolgono ragazzini di famiglie divorziate (cfr. L. Pesenti, Appello laico
per la famiglia, in “Il Domenicale”, 6-03-2004, pp. 1-2). La ricercatrice
inglese R. O’Neill, dell’Istituto Civitas, ha dichiarato che il 16% dei bambini/ragazzi
tra i 5 e 15 anni che vivono in famiglie divorziate, soffre di disturbi
psichici contro l’8% dei loro coetanei che crescono con entrambi i genitori.
Tali bambini/ragazzi, inoltre, hanno probabilità tre volte superiore di
ottenere risultati negativi a scuola e il doppio dei rischi di contrarre
malattie psicosomatiche. Anche crescendo la situazione non migliora. I
ricercatori J. Wallerstein, J.M. Lewis, S. Blakeslee hanno condotto una ricerca
evidenziando che i figli adolescenti dei divorziati soffrono per il 50% di
depressione e forniscono prestazioni scolastiche o professionali al di sotto le
loro capacità (cfr. J. Wallerstein – J.M. Lewis – S. Blakeslee, The
Unexpected Legacy of Divorce, Hyperion 2010).
Ebbene, è totalmente falso,
sostenere che se i genitori sono in disarmonia è più utile per i figli divorziare.
Il
divorzio fa male ai divorziati
Dal Rapporto Caritas 2016 “False partenze” su
povertà ed esclusione sociale emerge che l’indigenza colpisce molti reduci
dalla chiusura di un rapporto matrimoniale.
Gli uomini
divorziati che si rivolgono alla Caritas dichiarano di non riuscire a
provvedere ai beni di prima necessità. Gli effetti negativi della separazione
colpiscono anche la sfera fisica con maggiori probabilità di essere vittime
dell’alcolismo o di altre dipendenze. Pure la psiche soffre. Il 66,7% dei
divorziati accusa più sintomi psicosomatici rispetto alla pre-separazione,
giungendo in alcuni casi anche al suicidio.
Pure per le donne
la situazione non è migliore. Ad esempio, le donne divorziate, hanno il doppio
di probabilità di cadere in povertà rispetto a quelle sposate. Da ultimo, non
possiamo scordare le dinamiche di violenza con implicazioni penali che innesca
un divorzio. Dal gennaio 2000 al dicembre 2018 la cronaca ha registrato 1807
omicidi maturati come conseguenza di divorzi. La conclusione la lasciamo all’avvocato
M. Fiorin, esperto del settore. In un’ intervista al SIR alla domanda: “In che
misura violenze domestiche, suicidi, depressione, emarginazione, criminalità
giovanile si possono attribuire alla cultura divorzista?”, così rispose: “In
una percentuale molto alta. Ma tutto questo nessuno dei nostri politici sembra
vederlo, né tanto meno lo vuole ammettere. Preferiscono trincerarsi dietro la
retorica dei ‘nuovi diritti’ ” (24 aprile 2016).
I consigli
di papa Francesco
Nell’Udienza Generale del 2 aprile 2014, papa
Francesco commentò il sacramento del
matrimonio. Il Pontefice terminò il discorso con delle indicazioni concrete.
1.La preghiera in famiglia rafforza il legame tra
gli sposi.
2.Il litigio è parte integrante del quotidiano di
una famiglia, ma affermò papa Francesco: “l’amore è più forte del momento nel quale si
litiga e per questo io consiglio sempre: non finite mai la giornata senza aver
fatto la pace”.
3.Tre parole magiche: permesso, grazie, scusa. Disse il Papa: “Queste tre
parole si devono dire sempre, devono essere di casa in famiglia. ‘Permesso’,
per non essere invadente nella vita coniugale… ‘Grazie’ per quello che hai
fatto per me… E siccome tutti sbagliamo, quell’altra parola che è un po’
difficile a dirla, ma bisogna dirla, è ‘scusa’”.
Di fronte alle considerazioni evidenziate, è pura ipocrisia celebrare con toni trionfalistici questo anniversario, poiché oggi il fenomeno del divorzio sta trasformandosi in un’ emergenza sociale.
Don Gian Maria Comolli
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