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sabato 2 gennaio 2021

COVID, suicidi e fragilità mentale

Don Gian Maria Comolli


 L’argomento che tratterrò all’inizio di questo nuovo anno è delicato e complesso riguardando le persone decedute, i famigliari in lutto, le donne e gli uomini che stanno soffrendo fisicamente e psicologicamente. Sono però incoraggiato dall’alta motivazione che mi induce a sviscerare il tema: non la sterile polemica ma lanciare un appello, come molti stanno facendo, sul dovere morale, dopo dieci mesi di paure e di terrore, di “cambiare rotta” poiché lo scenario societario sta divenendo insostenibile a livello psicologico ed esistenziale.

Basta “giocare” con i numeri

Ormai è chiaro che i “dati” diffusi dalla Protezione Civile nel quotidiano “bollettino di guerra” riguardante i contagiati da Covid 19, i deceduti e il “tasso di positività” sono inattendibili e anche tendenziosi rientrando nella “strategia del terrore” che il governo porta avanti attendendo un vaccino, che però, potrebbe fornire dei risultati non prima di dodici mesi. Nell’attesa, l’unica tattica dell’esecutivo, è quella di “giocare sui numeri” per giustificare nuovi lockdown. Il presidente Conte lo ha chiaramente affermato il 23 dicembre nella trasmissione “Porta a porta”: “Se dovesse arrivare un’impennata, una terza ondata o una variante che faccia sbalzare l’RT, allora ci troveremmo facilmente in zona rossa o con misure più restrittive”. E, il Ministro Speranza, non perde occasione per manifestare la sua volontà di “chiudere gli italiani in casa”.

Ebbene, i numeri, per questi politicanti giustificano tutto! Ma i numeri sono errati e alterati. Vi propongo degli esempi che giustificano la mia affermazione.

Morti. l morti comunicati quotidianamente sono deceduti PER coronavirus o il  Covid 19 si è inserito in un quadro patologico già letale? Qual è il rapporto tra il contagio e la causa effettiva della morte, potendo verificare questo unicamente con un’accurata verifica della cartella clinica? Interessante è uno studio del giugno 2020 dell’Istituto Superiore di Sanità che dopo aver scrupolosamente analizzato le cartelle cliniche di 5.592 deceduti in reparti Covid ha fornito i seguenti dati. 178 pazienti (3,2%) presentavano zero patologie, mentre 3.676 (65,7%) erano affetti da tre o più patologie e avevano un’ età superiore agli 80 anni. Ancora dall’Istituto Superiore di Sanità apprendiamo che i decessi al 16 dicembre 2020 per Covid 19 erano 63.573. Fermiamo l’attenzione su quelli riguardanti le persone di età inferiore a 40 anni: 190; 117 uomini e 73 donne. Ebbene, 130 presentava gravi patologie preesistenti (cardiovascolari, renali, diabete, obesità…), di 40 non sono disponibili informazioni cliniche e unicamente 19 non avevano diagnosticate patologie di rilievo. Di fronte a questi dati sarebbe intellettualmente onesto distinguere il PER dal CON, infatti la proposizione PER significa: “a seguito di”, l’avverbio CON invece introduce delle circostanze accessorie.

Nuovi contagi. Pure in questo caso i numeri non comunicano nulla poiché i contagiati risultano, maggiori o minori, a secondo dei tamponi effettuati in quel giorno.

Anche il Tasso di positività che un giorno sale e l’altro scende, per essere attendibile, come richiesto dagli esperti, dovrebbe essere diffuso settimanalmente( 29.12. 8,7%; 28.12. 12,5%; 27.12. 14,9%; 26.12. 12,5%; 25.12.12,4%; 24.12.9,3%)

Ovviamente, queste osservazioni, nulla tolgono alla gravità della pandemia; ma la chiarezza è obbligatoria.

Coronavirus, suicidi e fragilità mentale

I dati forniti ignorano totalmente chi per fragilità mentale non ha retto alla “strategia del terrore” e ai vari lockdown e si è suicidato, o i tantissimi ospiti delle strutture protette, specialmente anziani, che si sono “lasciati andare” fino a morire, avendo vissuto le varie chiusure con sentimenti di abbandono. Ma, in dieci mesi,  questi defunti sono stati ignorati e ritenuti “figli di un dio minore”. Eppure, sono tanti: imprenditori che temevano per un futuro economico alquanto incerto, persone che non hanno retto lo stress, padri che temevano per la propria occupazione, operatori sanitari che non hanno sopportato il quotidiano impatto con la sofferenza. Non fanno notizia poiché “sembra”, e per prudenza utilizzo questo verbo, che ci sia stato un caldo invito delle autorità a tacitare questi gesti estremi per scongiurare emulazioni. Unicamente alcuni casi clamorosi hanno oltrepassato la cortina del silenzio. Anche se occultato, il dramma di tanti che hanno tentato e tentano di uccidersi è un fatto in costante crescita come possiamo costatare, ad esempio, dai video posti su youtube. Non sono morti di coronavirus ma come conseguenza del coronavirus!

A fianco dei suicidi aumenta la fragilità mentale con livelli di stress, secondo psichiatri e psicologi, mai visti negli ultimi decenni che sta divenendo una “nuova emergenza” avendo la stessa gravità di quella sanitaria. Esasperati dall’indifferenza del governo gli psicologi il 18 novembre sono scesi in piazza, davanti alla Camera dei deputati. “Dopo nove mesi di emergenza – ha affermato il presidente del Cnop (Consiglio Nazionale Ordine Psicologi) David Lazzari – per la salute psicologica non è stato fatto nulla. Tante parole ma fatti zero. Noi abbiamo fatto tante proposte, concrete e fattibili, ma nessuno ci ha ascoltato. Il nostro è un gesto estremo, di denuncia, sottolineato dall’indossare un bavaglio che vuol mostrare come oggi le esigenze di salute psicologica della popolazione non hanno voce in capitolo”. I timori di questi professionisti sono stati confermati dal rapporto di fine anno del Censis che cogliendo gli umori sotterranei della nostra società, ha messo in luce che un numero notevole di cittadini non solo è arrabbiato e sfiduciato ma soprattutto stressato, impaurito e depresso. E, i lookdown, hanno notevolmente contribuito a questa situazione, avendo prodotto non unicamente terrificanti conseguenze economiche dilapidando un fiume di denaro, portando il debito pubblico/pil al 160 per cento e il deficit/pil al 10,8 per cento senza apprezzabili risultati, ma hanno imposto alle persone di sacrificare praticamente tutto: le loro condizioni normali di vita, i rapporti sociali, le amicizie, gli affetti, il lavoro…, scordando che la socialità è un bisogno primario per l’uomo, esattamente come il cibo.

Disagio mentale, ragazzi e adolescenti

Il disagio mentale ha coinvolto anche i bambini, i ragazzi e gli adolescenti. Più voci, inascoltate l’hanno rapportato alla prolungata chiusura delle scuole (la più lunga d’Europa) che ci si è illusi di supplire con il surrogato della DAD che ha raggiunto solo il 70% degli alunni italiani. Ha affermato Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico: “In Campania la maggior parte degli studenti da marzo ad oggi ha fatto quattordici giorni in classe, se torniamo in presenza il 7 gennaio avremo regalato praticamente un anno all’ignoranza, all’asocialità. È un danno permanente che stiamo facendo ai nostri ragazzi” (Tempi.it. 23 novembre 2020). Ebbene, è pura ipocrisia, affermare che la scuola può essere sostituita da video-lezioni essendo “la presenza” un’osmosi di socialità, di relazioni, di affettività, di condivisione e di partecipazione. Lockdown e DAD, riferisce una recente ricerca dell’ospedale pediatrico Gaslini di Genova, condotta su 6.800 soggetti tra i 6 e i 18 anni, sono micidiali. Il 68% dei casi evidenzia problematiche comportamentali e sintomi di regressione: dall’aumento dell’irritabilità ai disturbi del sonno, agli stati d’ansia, tutti fattori associati a una situazione depressiva. Molti genitori, inoltre, e l’ho potuto constare personalmente nelle recenti confessioni natalizie, sono angosciati da figli che prima di marzo 2020 faticavano nel non lasciarli uscire, oppure erano impegnati in attività sportive o molteplici hobby, e oggi invece, sono “incatenati” nella loro camera, che litigano con papà e mamma che vorrebbero che uscissero per incontrare gli amici ma temono il contatto con il mondo esterno ed evitano le relazioni. Abbattuti dalla cosiddetta “sindrome della tana”, trascorrono il tempo davanti al computer, isolati dal mondo. Pur non avendo più nulla nella loro giornata preferiscono rimanere immersi nell’ immensamente vuoto.

Così non si può continuare!

La priorità del Presidente Conte è “salvaguardare la salute”, lo strumento assunto idealmente dal ministro Speranza è il “principio di precauzione”. Per questo, vorrei rammentare ai due, che la salute non si rapporta unicamente a fattori fisici ed organici, ma coinvolge le dimensioni psichiche e spirituali della persona, estendendosi all’ambiente fisico, affettivo, sociale e morale in cui la persona vive ed opera. Di conseguenza, nella realtà che “oggi” stiamo vivendo, si protegge e si  tutela la salute unicamente riconsegnando ai cittadini “la normalità” pur accompagnata da misure precauzionali. “Chiudere” per ridurre la curva e le possibilità di contagio è un’operazione banale e devastante che saprebbero attuare tutti. I cittadini, invece, attendono da chi “liberamente” ha scelto, anche se non democraticamente eletto, di operare per il bene comune molto di più:  assennatezza, equilibrio, oculatezza, creatività e una progettualità che oltrepassi le scriteriate decisioni sulle zone rosse, arancioni e gialle. Tutti noi chiediamo di uscire da questa costante e continua emergenza, poiché pur essendo veloce, oggi il virus non è più imprevedibile. Il problema è che la politica non è in grado di anticipare. Di conseguenza, stiamo avviandoci verso il 7 gennaio in un buio totale, come se non sapessimo nulla di quello che succederà. Questa è la grande vergogna che non possiamo tacere.

Una banale proposta per riprendere. Si incominci a riaprire senza “se” e senza “ma” i luoghi di aggregazione che a maggio avevano assunto, anche con notevoli investimenti, tutte le precauzioni imposte dal Comitato Tecnico Scientifico, e che ben sappiamo essere ambienti con limitate probabilità di contagio: dai teatri ai cinema, dai ristoranti ai centri sportivi… senza scordarsi delle scuole, anch’esse “centri di salute”. Ma qui “casca l’asino!”. Si sono sprecati mesi rincorrendo “corbellerie” invece che organizzare orari flessibile, programmare iniziative didattiche diversificate, affittare spazi, assumere personale, strutturare trasporti pubblici e privati adeguati. E allora, già si mettono le mani avanti, puntando al minimo, magari a una presenza del 50% nel migliore dei casi. Inoltre, le chiusure mirate e non indiscriminate, avrebbero consentito notevoli risparmi a un governo che si sta indebitando a volte irresponsabilmente, scordando che tutti i debiti, prima o poi, dovranno essere pagati dai cittadini italiani per decenni.

Quando politici e Comitato Tecnico Scientifico si renderanno conto dei danni e invertiranno la rotta?

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