Don Gian Maria Comolli
L’argomento che tratterrò all’inizio di questo nuovo anno è delicato e complesso riguardando le persone decedute, i famigliari in lutto, le donne e gli uomini che stanno soffrendo fisicamente e psicologicamente. Sono però incoraggiato dall’alta motivazione che mi induce a sviscerare il tema: non la sterile polemica ma lanciare un appello, come molti stanno facendo, sul dovere morale, dopo dieci mesi di paure e di terrore, di “cambiare rotta” poiché lo scenario societario sta divenendo insostenibile a livello psicologico ed esistenziale.
Basta “giocare” con i numeri
Ormai è chiaro che i “dati” diffusi dalla Protezione Civile nel quotidiano “bollettino di guerra” riguardante i contagiati da Covid 19, i deceduti e il “tasso di positività” sono inattendibili e anche tendenziosi rientrando nella “strategia del terrore” che il governo porta avanti attendendo un vaccino, che però, potrebbe fornire dei risultati non prima di dodici mesi. Nell’attesa, l’unica tattica dell’esecutivo, è quella di “giocare sui numeri” per giustificare nuovi lockdown. Il presidente Conte lo ha chiaramente affermato il 23 dicembre nella trasmissione “Porta a porta”: “Se dovesse arrivare un’impennata, una terza ondata o una variante che faccia sbalzare l’RT, allora ci troveremmo facilmente in zona rossa o con misure più restrittive”. E, il Ministro Speranza, non perde occasione per manifestare la sua volontà di “chiudere gli italiani in casa”.
Ebbene, i numeri, per questi politicanti giustificano tutto!
Ma i numeri sono errati e alterati. Vi propongo degli esempi che giustificano
la mia affermazione.
Morti. l morti comunicati quotidianamente sono deceduti PER coronavirus o il
Covid 19 si è inserito in un quadro patologico già letale? Qual è il
rapporto tra il contagio e la causa effettiva della morte, potendo verificare
questo unicamente con un’accurata verifica della cartella clinica? Interessante
è uno studio del giugno 2020 dell’Istituto Superiore di Sanità che dopo aver
scrupolosamente analizzato le cartelle cliniche di 5.592 deceduti in reparti
Covid ha fornito i seguenti dati. 178 pazienti (3,2%) presentavano zero
patologie, mentre 3.676 (65,7%) erano affetti da tre o più patologie e avevano
un’ età superiore agli 80 anni. Ancora dall’Istituto Superiore di Sanità
apprendiamo che i decessi al 16 dicembre 2020 per Covid 19 erano 63.573.
Fermiamo l’attenzione su quelli riguardanti le persone di età inferiore a 40
anni: 190; 117 uomini e 73 donne. Ebbene, 130 presentava gravi patologie
preesistenti (cardiovascolari, renali, diabete, obesità…), di 40 non sono
disponibili informazioni cliniche e unicamente 19 non avevano diagnosticate
patologie di rilievo. Di fronte a questi dati sarebbe intellettualmente onesto
distinguere il PER dal CON, infatti la proposizione PER significa: “a seguito
di”, l’avverbio CON invece introduce delle circostanze accessorie.
Nuovi contagi. Pure in questo caso i numeri non comunicano nulla poiché i
contagiati risultano, maggiori o minori, a secondo dei tamponi effettuati in
quel giorno.
Anche il Tasso di positività che un giorno sale e
l’altro scende, per essere attendibile, come richiesto dagli esperti, dovrebbe
essere diffuso settimanalmente( 29.12. 8,7%; 28.12. 12,5%; 27.12. 14,9%; 26.12.
12,5%; 25.12.12,4%; 24.12.9,3%)
Ovviamente, queste osservazioni, nulla tolgono alla gravità
della pandemia; ma la chiarezza è obbligatoria.
Coronavirus, suicidi e fragilità mentale
I dati forniti ignorano totalmente chi per fragilità mentale
non ha retto alla “strategia del terrore” e ai vari lockdown e si è suicidato,
o i tantissimi ospiti delle strutture protette, specialmente anziani, che si
sono “lasciati andare” fino a morire, avendo vissuto le varie chiusure con
sentimenti di abbandono. Ma, in dieci mesi, questi defunti sono stati
ignorati e ritenuti “figli di un dio minore”. Eppure, sono tanti: imprenditori
che temevano per un futuro economico alquanto incerto, persone che non hanno
retto lo stress, padri che temevano per la propria occupazione, operatori sanitari che non hanno sopportato il quotidiano impatto con la
sofferenza. Non fanno notizia poiché “sembra”, e per prudenza utilizzo questo
verbo, che ci sia stato un caldo invito delle autorità a tacitare questi gesti
estremi per scongiurare emulazioni. Unicamente alcuni casi clamorosi hanno
oltrepassato la cortina del silenzio. Anche se occultato, il dramma di tanti
che hanno tentato e tentano di uccidersi è un fatto in costante crescita come
possiamo costatare, ad esempio, dai video posti su youtube. Non sono morti di
coronavirus ma come conseguenza del coronavirus!
A fianco dei suicidi aumenta la fragilità mentale con livelli
di stress, secondo psichiatri e psicologi, mai visti negli ultimi decenni che
sta divenendo una “nuova emergenza” avendo la stessa gravità di quella
sanitaria. Esasperati dall’indifferenza del governo gli psicologi il 18
novembre sono scesi in piazza, davanti alla Camera dei deputati. “Dopo nove
mesi di emergenza – ha affermato il presidente del Cnop (Consiglio Nazionale
Ordine Psicologi) David Lazzari – per la salute psicologica non è stato fatto
nulla. Tante parole ma fatti zero. Noi abbiamo fatto tante proposte, concrete e
fattibili, ma nessuno ci ha ascoltato. Il nostro è un gesto estremo, di
denuncia, sottolineato dall’indossare un bavaglio che vuol mostrare come oggi
le esigenze di salute psicologica della popolazione non hanno voce in
capitolo”. I timori di questi professionisti sono stati confermati dal
rapporto di fine anno del Censis che cogliendo gli umori sotterranei
della nostra società, ha messo in luce che un numero notevole di cittadini non
solo è arrabbiato e sfiduciato ma soprattutto stressato, impaurito e depresso.
E, i lookdown, hanno notevolmente contribuito a questa situazione, avendo
prodotto non unicamente terrificanti conseguenze economiche dilapidando un
fiume di denaro, portando il debito pubblico/pil al 160 per cento e il
deficit/pil al 10,8 per cento senza apprezzabili risultati, ma hanno imposto
alle persone di sacrificare praticamente tutto: le loro condizioni
normali di vita, i rapporti sociali, le amicizie, gli affetti, il lavoro…,
scordando che la socialità è un bisogno primario per l’uomo, esattamente come
il cibo.
Disagio mentale, ragazzi e adolescenti
Il disagio mentale ha coinvolto anche i bambini, i ragazzi e
gli adolescenti. Più voci, inascoltate l’hanno rapportato alla prolungata
chiusura delle scuole (la più lunga d’Europa) che ci si è illusi di supplire
con il surrogato della DAD che ha raggiunto solo il 70% degli alunni italiani.
Ha affermato Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico:
“In Campania la maggior parte degli studenti da marzo ad oggi ha fatto
quattordici giorni in classe, se torniamo in presenza il 7 gennaio avremo
regalato praticamente un anno all’ignoranza, all’asocialità. È un danno
permanente che stiamo facendo ai nostri ragazzi” (Tempi.it. 23 novembre 2020).
Ebbene, è pura ipocrisia, affermare che la scuola può essere sostituita da
video-lezioni essendo “la presenza” un’osmosi di socialità, di relazioni, di
affettività, di condivisione e di partecipazione. Lockdown e DAD, riferisce una
recente ricerca dell’ospedale pediatrico Gaslini di Genova, condotta su 6.800
soggetti tra i 6 e i 18 anni, sono micidiali. Il 68% dei casi evidenzia
problematiche comportamentali e sintomi di regressione: dall’aumento
dell’irritabilità ai disturbi del sonno, agli stati d’ansia, tutti fattori
associati a una situazione depressiva. Molti genitori, inoltre, e l’ho potuto
constare personalmente nelle recenti confessioni natalizie, sono angosciati da
figli che prima di marzo 2020 faticavano nel non lasciarli uscire, oppure erano
impegnati in attività sportive o molteplici hobby, e oggi invece, sono
“incatenati” nella loro camera, che litigano con papà e mamma che vorrebbero
che uscissero per incontrare gli amici ma temono il contatto con il mondo
esterno ed evitano le relazioni. Abbattuti dalla cosiddetta “sindrome della
tana”, trascorrono il tempo davanti al computer, isolati dal mondo. Pur non
avendo più nulla nella loro giornata preferiscono rimanere immersi nell’
immensamente vuoto.
Così non si può continuare!
La priorità del Presidente Conte è “salvaguardare la salute”,
lo strumento assunto idealmente dal ministro Speranza è il “principio di
precauzione”. Per questo, vorrei rammentare ai due, che la salute non si
rapporta unicamente a fattori fisici ed organici, ma coinvolge le dimensioni
psichiche e spirituali della persona, estendendosi all’ambiente fisico,
affettivo, sociale e morale in cui la persona vive ed opera. Di conseguenza,
nella realtà che “oggi” stiamo vivendo, si protegge e si tutela la salute
unicamente riconsegnando ai cittadini “la normalità” pur accompagnata da misure
precauzionali. “Chiudere” per ridurre la curva e le possibilità di contagio è
un’operazione banale e devastante che saprebbero attuare tutti. I cittadini,
invece, attendono da chi “liberamente” ha scelto, anche se non democraticamente
eletto, di operare per il bene comune molto di più: assennatezza,
equilibrio, oculatezza, creatività e una progettualità che oltrepassi le
scriteriate decisioni sulle zone rosse, arancioni e gialle. Tutti noi chiediamo
di uscire da questa costante e continua emergenza, poiché pur essendo veloce,
oggi il virus non è più imprevedibile. Il problema è che la politica non è in
grado di anticipare. Di conseguenza, stiamo avviandoci verso il 7 gennaio in un
buio totale, come se non sapessimo nulla di quello che succederà. Questa è la
grande vergogna che non possiamo tacere.
Una banale proposta per riprendere. Si incominci a riaprire
senza “se” e senza “ma” i luoghi di aggregazione che a maggio avevano assunto,
anche con notevoli investimenti, tutte le precauzioni imposte dal Comitato
Tecnico Scientifico, e che ben sappiamo essere ambienti con limitate
probabilità di contagio: dai teatri ai cinema, dai ristoranti ai centri
sportivi… senza scordarsi delle scuole, anch’esse “centri di salute”. Ma qui
“casca l’asino!”. Si sono sprecati mesi rincorrendo “corbellerie” invece che
organizzare orari flessibile, programmare iniziative didattiche diversificate,
affittare spazi, assumere personale, strutturare trasporti pubblici e privati
adeguati. E allora, già si mettono le mani avanti, puntando al minimo, magari a
una presenza del 50% nel migliore dei casi. Inoltre, le chiusure mirate e non
indiscriminate, avrebbero consentito notevoli risparmi a un governo che si sta
indebitando a volte irresponsabilmente, scordando che tutti i debiti, prima o
poi, dovranno essere pagati dai cittadini italiani per decenni.
Quando politici e Comitato Tecnico Scientifico si renderanno
conto dei danni e invertiranno la rotta?
Analisi perfetta
RispondiEliminaHo letto attentamente la relazione suddetta e dichiaro di condividela perfettamente.
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