Come è noto, nell'antichità la "persona" indicava la maschera indossata da un attore quando doveva andare in scena, tant'è vero che con "dramatis personae" si indicano i personaggi di un commedia o di una tragedia. Il termine deriva dal greco "prosopon" recepito poi in etrusco dal termine "phersu". Pirandello, da classico e grande conoscitore dei classici, poneva una differenza tra la fissità della maschera e l'inafferrabilità del volto. Nel lessico comune odierno la "persona" indica "un individuo di sesso non specificato" (Treccani).
A leggere le ordinanze regionali, sembrerebbe che siamo legati al greco antico più di quanto si creda. Mi riferisco alla recentissima ordinanza del governatore De Luca del 5 ottobre 2020 di cui riporto parzialmente il testo: “Si segnala che la scrivente Unità di crisi, in raccordo con la presidenza della Regione, è l’unico organismo abilitato a fornire indicazioni e riscontri agli organi di stampa e a quelli radiotelevisivi e ai social media. È pertanto inibito a tutti gli organi aziendali rilasciare informazioni e interviste o intrattenere collaborazioni con i predetti organi senza espressa autorizzazione di questa unità di crisi”.
Asteniamoci dai commenti e ragioniamo sui fatti concreti.
Quando il Ministero della Salute ci fornisce i dati ufficiali sulla diffusione del Covid 19, noi cittadini comuni apprendiamo il numero totale dei contagiati, il numero dei tamponi effettuati, il numero dei ricoverati in terapia intensiva ed il numero dei decessi. Inoltre una precisissima tabella ci informa sulla diffusione del virus nelle regioni italiane.
Il Ministero, giustamente e legittimamente, accorpa i dati che riceve. Ma un cittadino ha diritto di conoscere anche i dati "scorporati", in altre parole vuol sapere, per esempio, dove sono i focolai, quanti contagiati ci sono in una struttura ospedaliera, quali comuni sono più colpiti e, pertanto, risultano più a rischio in caso di spostamenti.
Ora il governatore della Campania impone un limite alla diffusione di informazioni sanitarie. Questa misura potrebbe essere letta ed interpretata in due modi. La prima lettura è che l'ordinanza sia un tentativo di limitare il protagonismo di personale, sanitario e non, che pur di apparire nel tg locale diffonde in maniera sconsiderata dati parziali ed alimenta il panico.
Sarebbe questa la lettura preferibile se De Luca non avesse aggiunto che è 'inibito a tutti gli organi aziendali di rilasciare informazioni' ai media di qualunque tipo. Questa frase autorizza una lettura ben differente del testo dell'ordinanza e lo trasforma in un maldestro tentativo di limitare la libertà di informazione. In effetti chiunque operi in un'azienda sanitaria è di fatto inquadrato in qualche organo aziendale; certo ci sono incarichi che -come si dice oggi con un agghiacciante uso dell'italiano - sono "esternalizzati". Ma di fatto gli incarichi affidati a personale esterno sono quelli di minor rilevanza dal punto di vista strategico dell'informazione, in quanto è lecito ipotizzare che il personale incaricato della pur importantissima pulizia degli ambienti, non abbia accesso ad informazioni sanitarie piuttosto delicate. Se dunque il personale che tratta i pazienti in una realtà locale diffonde, pur con la dovuta cautela, i dati che conosce per esperienza diretta, si espone alle sanzioni previste dalla violazione dell'ordinanza.
Il governatore della Campania dimostra in tal modo che per tanti mesi ha indossato una splendida maschera di assoluta correttezza istituzionale e politica e di trasparenza nei rapporti con l'informazione.
Peccato che ora la maschera che indossa sia diventata fragilissima e tenda a cadere dal suo vero volto: quello di un uomo che opera come regimi malauguratamente noti per le misure repressive dell'informazione indirizzate a non far conoscere, per scopi politici, la realtà dei fatti e togliendo ai cittadini la concreta possibilità di orientare le proprie azioni sulla base di un'informazione che si vorrebbe corretta, completa e scevra da coloriture politiche o ideologiche.
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