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lunedì 19 ottobre 2020

Un’emergenza strutturale

I recenti provvedimenti del governo riportano la nostra attenzione su una serie di evidenze.


Lo stato di emergenza dovrebbe essere una fase imprevedibile, eccezionale e transitoria della vita di uno Stato sovrano, che deve essere affrontato in maniera efficace e tempestiva.

Ora il Covid 19 è un virus conclamato da mesi che ha già conosciuto un’ondata molto forte nel mese di marzo, almeno in Italia, e che è andato a scemare nel mese di aprile e di maggio. I virologi avevano avvisato con molta chiarezza che vi sarebbe stata con ogni probabilità una seconda e più feroce ondata in autunno. Le previsioni si sono puntualmente verificate ed il trend della diffusione del virus è in costante salita. Ma se siamo consci da mesi di questa situazione, non si dovrebbe, stricto iure, parlare di emergenza. Abbiamo avuto diversi mesi per prepararci dunque dovremmo dire che siamo nella fase del normale sviluppo della malattia ampiamente e tempestivamente previsto da tutti i virologi. Ma allora si tratta di una vera emergenza? In cosa consiste realmente oggi l’emergenza che sta vivendo il nostro Paese?


Le risposte arrivano senza pietà: l’emergenza consiste attualmente nello stato di impreparazione dei cittadini e del governo rispetto alla diffusione del virus.

Ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità. 

I cittadini conoscevano perfettamente la situazione in Italia ed in Europa, ma molti hanno scelto, per esempio, di viaggiare senza adottare adeguate precauzioni o di restare in Italia disattendendo le più semplici norme sanitarie. Poi sono ritornate in Italia ma i controlli sono stati assai blandi ed evidentemente non efficaci ed incisivi.

I titolari di attività commerciali hanno riaperto, ma molti di loro – certamente non tutti - non hanno rispettato le norme sanitarie, i locali sono sempre stracolmi e nessuno richiama i clienti all’uso della mascherina. Quindi invece della certezza di guadagnare meno ma in maniera continuativa, hanno preferito tentare di riprendere i guadagni perduti e rischiare la chiusura, cosa che sta accadendo per esempio ad alcuni locali campani.

Il Governo ha scelto di non adottare una linea decisa e di limitarsi, soprattutto in estate, allo strumento della ‘raccomandazione’ ai cittadini, fidando nel senso civico degli Italiani.

Ma se il Governo non sente il bisogno di imporre delle norme e, anche in presenza di norme, non fa fare dei controlli a tappeto e non prevede sanzioni importanti per i trasgressori, il cittadino comune riceve il messaggio che queste ‘raccomandazioni’ non siano degli imperativi ma dei semplici consigli che si possono seguire, senza alcun obbligo. Aggiungiamo a questo il difetto endemico del nostro Paese di interpretare le norme invece di applicarle ed il quadro sconfortante della vera emergenza appare in tutta la sua chiarezza.

Un altro elemento che era apparso in tutta la sua evidenza già negli scorsi mesi è la necessità di munirsi in tempi rapidi di infrastrutture, i trasporti per esempio, ma su quelli nessun intervento incisivo è stato compiuto, eppure molto denaro è stato investito nei più improbabili bonus e non nelle infrastrutture.

Allora l’incapacità di stabilire delle precise priorità costituisce non un’emergenza, vocabolo improprio ed abusato, ma un problema da affrontare in maniera decisa. È chiaro che in una situazione di pandemia è complicato prendere delle decisioni, ma è anche vero che esistono decisioni che obbediscono a criteri di razionalità e ragionevolezza. Non si comprende la ratio di istituire come priorità un bonus per l’acquisto di un monopattino elettrico e non il miglioramento e l’efficientamento della rete di trasporti pubblici e la diffusione massiva della banda larga e degli strumenti informatici; la cassa integrazione ed altri strumenti di sostegno al reddito e non una seria politica di riduzione di quelle tasse che bisogna pagare anche se non si lavora e mettono gli imprenditori, soprattutto i piccoli, in gravissima difficoltà. Il loro problema è un “nostro” problema perché, se anche qualcuno ha uno stipendio fisso, in una famiglia ci sono tante persone che lavorano nel settore privato dove le garanzie spesso sono davvero poche.

Queste problematiche non hanno bisogno di una decretazione d’urgenza, perché essa è uno strumento che non dovrebbe essere usato ad oltranza per non svuotarsi completamente di significato, hanno bisogno di iter parlamentari regolari ma brevi, in cui gli interessi di bottega non vengano anteposti alle necessità dei cittadini. La decretazione d’urgenza segna, a mio modesto avviso, una grave ammissione di incapacità del nostro governo in tutte le sue componenti rispetto a quella che dovrebbe essere la normale buona e razionale amministrazione.

Con questo modo di agire si rende l’emergenza un fattore strutturale e questo è gravissimo ed è altrettanto evidente a tutti che nessun paese del mondo possa permetterselo.

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