I recenti provvedimenti del governo riportano la nostra attenzione su una serie di evidenze.
Lo stato
di emergenza dovrebbe essere una fase imprevedibile, eccezionale e transitoria
della vita di uno Stato sovrano, che deve essere affrontato in maniera efficace
e tempestiva.
Ora il Covid
19 è un virus conclamato da mesi che ha già conosciuto un’ondata molto forte
nel mese di marzo, almeno in Italia, e che è andato a scemare nel mese di
aprile e di maggio. I virologi avevano avvisato con molta chiarezza che vi
sarebbe stata con ogni probabilità una seconda e più feroce ondata in autunno.
Le previsioni si sono puntualmente verificate ed il trend della diffusione del
virus è in costante salita. Ma se siamo consci da mesi di questa situazione, non
si dovrebbe, stricto iure, parlare di emergenza. Abbiamo avuto diversi
mesi per prepararci dunque dovremmo dire che siamo nella fase del normale
sviluppo della malattia ampiamente e tempestivamente previsto da tutti i
virologi. Ma allora si tratta di una vera emergenza? In cosa consiste realmente
oggi l’emergenza che sta vivendo il nostro Paese?
Le risposte arrivano senza pietà: l’emergenza consiste attualmente nello stato
di impreparazione dei cittadini e del governo rispetto alla diffusione del
virus.
Ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità.
I cittadini conoscevano perfettamente
la situazione in Italia ed in Europa, ma molti hanno scelto, per esempio, di
viaggiare senza adottare adeguate precauzioni o di restare in Italia disattendendo
le più semplici norme sanitarie. Poi sono ritornate in Italia ma i controlli
sono stati assai blandi ed evidentemente non efficaci ed incisivi.
I titolari
di attività commerciali hanno riaperto, ma molti di loro – certamente non tutti
- non hanno rispettato le norme sanitarie, i locali sono sempre stracolmi e
nessuno richiama i clienti all’uso della mascherina. Quindi invece della
certezza di guadagnare meno ma in maniera continuativa, hanno preferito tentare
di riprendere i guadagni perduti e rischiare la chiusura, cosa che sta
accadendo per esempio ad alcuni locali campani.
Il Governo
ha scelto di non adottare una linea decisa e di limitarsi, soprattutto in
estate, allo strumento della ‘raccomandazione’ ai cittadini, fidando nel senso
civico degli Italiani.
Ma se il
Governo non sente il bisogno di imporre delle norme e, anche in presenza di
norme, non fa fare dei controlli a tappeto e non prevede sanzioni importanti per
i trasgressori, il cittadino comune riceve il messaggio che queste ‘raccomandazioni’
non siano degli imperativi ma dei semplici consigli che si possono seguire, senza
alcun obbligo. Aggiungiamo a questo il difetto endemico del nostro Paese di
interpretare le norme invece di applicarle ed il quadro sconfortante della vera
emergenza appare in tutta la sua chiarezza.
Un altro elemento
che era apparso in tutta la sua evidenza già negli scorsi mesi è la necessità
di munirsi in tempi rapidi di infrastrutture, i trasporti per esempio, ma su
quelli nessun intervento incisivo è stato compiuto, eppure molto denaro è stato
investito nei più improbabili bonus e non nelle infrastrutture.
Allora l’incapacità
di stabilire delle precise priorità costituisce non un’emergenza, vocabolo
improprio ed abusato, ma un problema da affrontare in maniera decisa. È chiaro
che in una situazione di pandemia è complicato prendere delle decisioni, ma è
anche vero che esistono decisioni che obbediscono a criteri di razionalità e
ragionevolezza. Non si comprende la ratio di istituire come priorità un
bonus per l’acquisto di un monopattino elettrico e non il miglioramento e l’efficientamento
della rete di trasporti pubblici e la diffusione massiva della banda larga e
degli strumenti informatici; la cassa integrazione ed altri strumenti di sostegno
al reddito e non una seria politica di riduzione di quelle tasse che bisogna
pagare anche se non si lavora e mettono gli imprenditori, soprattutto i piccoli,
in gravissima difficoltà. Il loro problema è un “nostro” problema perché, se
anche qualcuno ha uno stipendio fisso, in una famiglia ci sono tante persone
che lavorano nel settore privato dove le garanzie spesso sono davvero poche.
Queste
problematiche non hanno bisogno di una decretazione d’urgenza, perché essa è uno
strumento che non dovrebbe essere usato ad oltranza per non svuotarsi completamente
di significato, hanno bisogno di iter parlamentari regolari ma brevi, in cui gli
interessi di bottega non vengano anteposti alle necessità dei cittadini. La
decretazione d’urgenza segna, a mio modesto avviso, una grave ammissione di
incapacità del nostro governo in tutte le sue componenti rispetto a quella che
dovrebbe essere la normale buona e razionale amministrazione.
Con questo
modo di agire si rende l’emergenza un fattore strutturale e questo è gravissimo
ed è altrettanto evidente a tutti che nessun paese del mondo possa permetterselo.
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