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lunedì 19 ottobre 2020

Una scuola giocattolo


 

Una delle più simpatiche e costanti anomalie del nostro bel Paese è che le riforme strutturali ed i provvedimenti ‘di sistema’ si prendono tempestivamente solo in stato di emergenza, ed in questi giorni, con il gravissimo rialzo della curva del Covid 19, ne abbiamo l’ennesima testimonianza.

La scuola ne è, peraltro, un emblema perché essa costituisce una costante nella vita di ciascuno di noi e ci coinvolge prima come allievi, poi come genitori o parenti degli allievi. Se non abbiamo figli, ci coinvolge come cittadini perché lo spostamento di masse studentesche in città determina un significativo aumento dell’affollamento dei mezzi pubblici e delle automobili.

Fateci caso: i vari provvedimenti di regioni distanti ma entrambe assai popolose, la Campania e la Lombardia, sono in parte analoghi, salvo per il fatto che il governatore Fontana sulla regolamentazione delle scuole è stato più prudente, poi ci ha pensato il governo a confondere definitivamente le idee ai cittadini, agli studenti, ai docenti ed ai presidi: quando si dice ‘l’effetto democratico’ di un provvedimento assai discusso. La cosa che appare grave, e che non mi sembra sia stata sottolineata abbastanza dai media, è che le risoluzioni del governo hanno generato una frattura profonda tra famiglie e operatori della scuola. Le famiglie, giustamente, sottolineano l’importanza della didattica in presenza; le scuole, altrettanto giustamente, ribattono che non è quasi più possibile rispettare le norme imposte dal Ministero e ne mettono in luce alcune devastanti criticità.

In una lettera aperta al Ministro dell’Istruzione, alcuni presidi campani hanno posto alcuni quesiti che vale la pena riportare:

• perché abbiamo riaperto le scuole senza aver ricevuto gli arredi promessi (i famosi banchi monoposto)? A tutt’oggi in Campania ne sono stati consegnati poco più di 4.000

• perché non si procede con una campagna massiva di test rapidi agli studenti?

• perché a tutt’oggi non possiamo garantire ai nostri studenti gli insegnamenti in tutte le discipline, dal momento che gli organici non sono ancora completi?

• perché gli studenti disabili non possono ancora godere dei docenti di sostegno di cui hanno bisogno?

• perché sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri che riporta il numero di mascherine distribuite dal Commissariato alle scuole, i quantitativi non corrispondono alle consegne che effettivamente sono state effettuate, e ovviamente, per difetto?

• perché, a proposito dei trasporti, immaginando la movimentazione degli studenti, anziché prevedere un potenziamento di linee dedicate di trasporto per le scuole (semmai trasferendo le necessarie risorse agli Enti Locali), in ben 6 mesi, si è solo riusciti a decidere che si aumentava la capienza dei passeggeri?

• perché pochi giorni fa, il 2 ottobre 2020, è stata emanata una circolare di conferma delle elezioni degli Organi Collegiali in presenza entro il 31 ottobre, in piena emergenza epidemiologica?

Siamo consapevoli che Lei è il Ministro dell’Istruzione e che alcune scelte non dipendono dal Ministero da lei diretto: ma il Governo è organo collegiale.

Ci piacerebbe ricevere qualche risposta ad almeno qualcuna di queste domande. Perché non è vero che va tutto bene e non è giusto che si racconti questo agli italiani.

Su una cosa siamo d’accordo: è vero, le scuole, ad oggi, sono sicure. Noi lo sappiamo, lavoriamo da mesi e ogni giorno per renderle sicure. Ma le scuole non sono una cattedrale nel deserto, non sono una torre eburnea, sono realtà in un contesto. Forse se davvero la scuola è la priorità, come si sostiene da più parti, è il momento di investire seriamente sulla scuola, restituendole la dignità di perno delle nostre città (il grassetto è mio): per fare questo serve una politica attiva e interventi tempestivi e massicci sul contesto. Noi ci siamo”

 

Ed oggi deve essere un dies festus perché sull’argomento è intervenuto anche il preside del Liceo “A.Volta” di Milano che ha messo in rilievo che il recente DPCM non cambierà nulla se non l’orario d’ingresso delle scuole; d’altra parte di questo posticipo si parlava già da tempo per rendere meno difficoltosa la viabilità e limitare l’affollamento eccessivo dei mezzi pubblici negli orari dei pendolari. Per il resto la diffusione del virus lo ha costretto a mettere in quarantena 15 classi con didattica a distanza.

Quello che traspare dalle parole di soggetti molto distanti sul territorio è che il Ministro dell’Istruzione ha ragionato in astratto, senza tener conto in maniera adeguata dei dati che gli pervengono regolarmente dalle Istituzioni Scolastiche.

Se poi parliamo di quel grande organo collegiale che è il Governo, devo osservare che nei suoi provvedimenti ha messo sullo stesso piano tutti i luoghi di assembramento: le strade, i locali pubblici, le palestre, le associazioni sportive e le scuole.

E questa, a mio modesto avviso, è una svista madornale.

Altro sono le scuole, ove si rispettano con la massima attenzione le norme, ed anzi il rispetto delle norme è un obiettivo condiviso da tutte le classi e tutte le discipline; stessa osservazione potrei fare per le associazioni sportive: lo sport implica il rispetto di regole.

Altro sono le strade e i locali pubblici dove le regole spesso – non sempre – non vengono rispettate dai cittadini né fatte rispettare e dove i controlli e le sanzioni – per ragioni che mi riservo di approfondire - sono rari.

E per le scuole va fatta anche un’altra osservazione. Oramai dal 2015 esiste un Piano Nazionale della Scuola Digitale, che prevede l’integrazione piena delle nuove tecnologie nella didattica. Un’iniziativa molto bella e molto interessante, peccato che non dappertutto sia realizzabile, perché non tutte le scuole hanno, ad esempio le LIM funzionanti, spesso non sono neanche adeguatamente cablate, e molti studenti sono sprovvisti di adeguati dispositivi. È vero che il Ministero ha stanziato fondi per le famiglie bisognose, ma non dimentichiamo che il valore ISEE per il quale sono riconosciute queste provvidenze è irrisorio, e che la famiglia media, pur con ISEE superiore di poco o di molto a quello per il quale è riconosciuto l’aiuto statale, di solito ha la necessità di allocare altrimenti le proprie risorse finanziarie e non può permettersi di acquistare un pc o un tablet adeguato per ogni figlio. Poi il dirigente di una scuola, che non ha la dotazione di base adeguata, giustamente non destina fondi ai pc o alle LIM. Ricordo che lo standard delle scuole italiane non si misura sulla dotazione delle scuole dei centri cittadini più ricchi, ma su tutto il territorio nazionale e che spesso a pochi km di distanza da un istituto modello si trovano scuole in situazioni di disagio estremo. Allora per consentire una vera didattica a distanza o integrata – cioè una didattica ibrida che prevede l’alternarsi di sessioni a distanza e sessioni in presenza – è necessario dotare tutti gli istituti e tutti gli studenti delle strutture essenziali, ivi comprese quelle informatiche e dare, per esempio, a tutti un pc in comodato d’uso. Un altro problemino sollevato dal preside del “Volta” è che per garantire turni di insegnamento anche pomeridiani ci vorrebbe il doppio degli insegnanti, una categoria della quale pochi si occupano veramente se non per denigrarla. I docenti, in buona parte, hanno fatto didattica a distanza a spese proprie, usando il proprio pc, la propria connessione ad internet e il proprio telefono per la scuola senza che lo Stato prevedesse di fornire loro uno smartphone, una scheda di rete da pochi euro e un pc con gli applicativi necessari, come del resto sono tenuti a fare i privati per i dipendenti in smart working.

L’aspetto più triste risiede poi nelle responsabilità connesse alla privacy dei dati degli studenti e dei docenti stessi che non è gestita dalle singole scuole o dallo Stato. Abbiamo avuto almeno tre mesi per regolamentare con un contratto la didattica a distanza e fornire la strumentazione di base ai docenti anche a tutela della privacy loro propria e degli studenti. Il contratto di categoria peraltro è già in ritardo di 2 anni e non rispetta assolutamente i tanto decantati standard europei e non solo, si mettano in pace i malpensanti, nel settore delle retribuzioni.

Ma, si sa, in Italia l’estate porta un bel sole e non necessariamente consiglio; prova ne sia il dato che gli epidemiologi, per una volta tanto concordi, denunciano il fatto che un’estate “sciagurata” (parola usata da Galli) e senza regole né controlli adeguati ha prodotto gli amari frutti di questi giorni.

A queste osservazioni aggiungo anche un altro problema che va sollevato: un orario scolastico che finisce nel pomeriggio porta con sé l’esigenza di mense scolastiche che al momento non ci sono. E dove ci sono, per esempio nelle scuole elementari, spesso non si possono usare proprio per evitare assembramenti; preferisco non pensare a cosa succederebbe se qualcuno avesse l’infausta idea di lasciar andare gli studenti al bar all’interno o all’esterno della scuola.

Allora si ha forte l’impressione che la scuola non sia il giusto oggetto delle cure necessarie per creare un ambiente educativo sano e ben organizzato per tutti coloro che ci vivono dentro – studenti, personale ATA, docenti – ed a tutte le latitudini, ma che sia sia oggetto di strumentalizzazioni per spostare il focus della discussione dai veri punti sensibili della situazione che stiamo vivendo. È un giocattolo che piace a tutti e che serve meravigliosamente alle (cattive) intenzioni di chi non riesce a gestire i problemi veri e produce norme e regolamentazioni in ordine sparso. Una sciarada insomma, che distrae tutti ma che in questo momento non serve realmente a nessuno.

1 commento:

  1. Confesso che sull'argomento ho solo dubbi e perplessità. Nonostante i miei oltre 40 anni di insegnamento, quasi sempre al Liceo.
    Osservo il disagio dei genitori e le loro difficoltà a conciliare lavoro ed assistenza ai figli piccoli impegnati a casa nella didattica a distanza. E la conferma viene dalle proteste in atto in questi giorni fuori alla sede della Regione Campania che ha imposto la chiusura delle scuole per tutti gli ordini e in tutti i territori. Comprese quelle province e città ove non esistono problemi di contagio e di trasporto pubblico.
    Conosco docenti contagiati e ora in quarantena insieme con le loro classi. Ovviamente costoro plaudono alla chiusura e la giudicano necessaria per salvaguardare la salute loro e dei familiari.
    Anche i presidi campani hanno ragione. Ma va posto anche il problema dei genitori lavoratori e delle famiglie numerose e povere dove mancano cellulari e pc, ma anche lo spazio per collegarsi..
    Ecco. Per me bisogna rispondere a queste esigenze. A tutte. Con coraggio e lungimiranza.

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