Don Gian Maria Comolli
Gli attentati a Vienna, l’uccisione nella cattedrale di Nizza di tre persone che si trovavano nella chiesa per pregare e la decapitazione del professor Samuel Paty a Parigi colpevole di aver mostrato ai suoi alunni alcune vignette satiriche su Maometto pubblicate anni fa dal settimanale satirico Charlie Hebdo, sono gli ultimi atti terroristici compiuti in Europa da islamici fanatici. Questi gravissimi episodi ormai già dimenticati dai mass media, oltre che angosciarci ci inducono a riflettere nuovamente sul “fenomeno migratorio” che si sta rapidamente espandendo pure in Italia, dove la violenza non è assente e i migranti giungono numerosi, ma su questo si tace. Ecco i numeri: dall’inizio dell’anno al 31 agosto sono sbarcati 19.194 clandestini contro i 5.135 dello stesso periodo del 2019 cioè il quadruplo; solo in questa settimana sono sbarcati in 1.600 da navi delle Ong, barchini e barconi (Fonte: Analisidifesa). Inoltre, pochi giorni fa a Como un nigeriano ha stuprato una giovane donna che vedendolo con il volto triste davanti a un supermercato era entrata a comprargli un panino.
A metà settembre, sempre a Como, un sacerdote
don Roberto Malgesini, il “prete degli ultimi”, fu assassinato da un tunisino
irregolare e a Milano il 14 settembre è stato assolto un bengalese irregolare
32enne che aveva aggredito una donna di 64 anni ferendola con il vetro di una
bottiglia. Ci fermiamo qui, ma questi episodi mostrano la pericolosità di una “immigrazione
senza regole” come ricordato anche dal Ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “i
flussi migratori illegali rappresentano un rischio” (Avvenire, 4 novembre 2020)
e ci invitano nuovamente a riflettere sull’argomento complesso e tortuoso, spesso
analizzato superficialmente, oppure con pregiudizi che originano esasperazioni.
Per oltrepassare le logiche dell’emotivissimo o del qualunquismo proporrò
unicamente delle considerazioni rimandando al lettore le conclusioni.
Bibbia, Chiesa e migranti
La Sacra
Scrittura rammenta il dovere dell’accoglienza dello straniero. “Il Signore vostro Dio, vi chiede soltanto
questo: di rispettare lo straniero, di amarlo e di onorarlo con tutto il cuore
e con tutta l’anima (…). Amate questi stranieri, perché anche voi foste
stranieri quando eravate in Egitto” (Dt. 5,10.19). Invariati richiami
all’ospitalità sono presenti nei Vangeli, in particolare in quello di Matteo,
quando il Signore Gesù illustra la grandiosa scena del giudizio universale: “Ero forestiero e mi avete ospitato” (Mt. 25,35). Anche
san Paolo esorta: “Non dimenticate
l’ospitalità, poiché alcuni, praticandola, hanno accolto angeli senza saperlo”
(Eb. 13,2).
Il
Magistero della Chiesa cattolica analizza il fenomeno migratorio nel Compendio
della Dottrina Sociale della Chiesa e nel Catechismo della Chiesa
Cattolica: “Le nazioni più ricche
sono tenute ad accogliere, nella misura del possibile, lo straniero alla
ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è
possibile trovare nel proprio Paese di origine. I pubblici poteri avranno cura
che venga rispettato il diritto naturale, che pone l’ospite sotto la protezione
di coloro che lo accolgono. Le autorità politiche, in vista del bene comune, di
cui sono responsabili possono subordinare l’esercizio del diritto d’immigrazione
a diverse condizioni giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei
migranti nei confronti del Paese che li accoglie (…)” (2241).
Dunque, nella
prospettiva biblica, il comportamento da assumere è evidente: accogliere lo straniero. Il Magistero, poi, consiglia le modalità: operare con
la comunità civile per l’ integrazione, condividere e diffondere i valori della
reciprocità, ma contemporaneamente e realisticamente afferma: “accogliere nella misura del possibile”.
Questo significa che dobbiamo porci la domanda riguardante il vero bene per
l’altro, evitando di trasformare i nobili concetti di accoglienza e di solidarietà
in un semplice e dannoso buonismo.
Poniamoci degli interrogativi: ospitare senza progettazione i migranti è
sufficiente? Un’ospitalità generale come l’attuale offrirà loro un’adeguata
qualità di vita e un futuro dignitoso? Purtroppo, in Italia, questi quesiti sono
totalmente trascurati, gestendo anche questo settore, come moltissimi altri,
“alla giornata” privi di una visione del domani.
Migranti regolari e migranti irregolari
Due sono le categorie
di migranti: migranti regolari e migranti irregolari, i primi hanno il diritto
a restare in Italia, i secondi vanno rapidamente espulsi.
Migranti “regolari”
Quale atteggiamento
assumere con chi possiede questa peculiarità? Il primo consiglio è di superare
uno stereotipo diffuso e generalizzato che reputa lo straniero sempre pericoloso. Tutti conosciamo molti
migranti che quotidianamente mostrano storie
di vita radicalmente opposti all’immagine dello straniero pericoloso. In vari
incontri con queste persone ho costatato la loro profonda dignità, il loro
sacrificio ad accettare tutto, anche a rimanere in silenzio e vivere in
condizioni di sfruttamento pur di lavorare per aiutare i famigliari qui o nella
patria che hanno lasciato. Inoltre, vari anziani o disabili che hanno
presentato domanda di regolarizzazione per i loro collaboratori domestici mi hanno
raccontato vicende di commovente dedizione. Questi stranieri, si sono totalmente inseriti nel nostro
contesto societario e sono indispensabili per il nostro presente e per il nostro
futuro, svolgendo le mansioni più umili, spesso rifiutate dagli italiani, come
pure saranno di supporto alla nostra economia anche a seguito della persistente
e gravissima crisi demografica.
Migranti irregolari
Accanto ai regolari
sono presenti gli immigrati costretti alla clandestinità e all’accattonaggio non possedendo i requisiti
per rimanere nel nostro Paese. Questi “invisibili”, circa 700mila devono essere,
senza “se” e senza “ma”, rapidamente espulsi. E’ il caso dell’aggressore della
giovane donna di Como sul quale pendevano ben quattro provvedimenti di
espulsione o dell’assassino di don Roberto con tre provvedimenti. La
clandestinità rende il migrante debole, fragile e logorato, facile preda della
criminalità organizzata o di organizzazioni fanatiche e terroristiche trasformandosi
in “vittima-complice” di più reati. Ecco perché è fondamentale e decisiva la “misura del possibile”, cioè “regolare il flusso migratorio nella visione
del bene comune secondo criteri di equità ed equilibrio” affinché “gli inserimenti avvengano con le garanzie
richieste dalla dignità della persona umana” (Compendio della
Dottrina Sociale della Chiesa 298). Ebbene, è obbligo dello Stato regolare
il flusso migratorio in base alle reali possibilità di accoglienza; offrire
sempre una prima ospitalità, ma contemporaneamente snellire le procedure
burocratiche per il rimpatrio di chi non ha il diritto di rimanere. Purtroppo
su questo punto, i governanti non solo attuali, sono latitanti.
Migranti e contesto societario
L’evento
migratorio impone anche il confronto
culturale e religioso: “L’immigrato è tenuto a rispettare con
riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del Paese che lo ospita, a
obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri” (Catechismo
della Chiesa Cattolica 2241). Pertanto è irrinunciabile educare lo straniero
alla socialità, ai valori fondanti la nostra cultura e le nostre tradizioni, al
rispetto delle leggi, alla conoscenza dei doveri e dei diritti, affermando con
fermezza le regole basilari di ogni convivenza. La mancanza di volontà e
l’incapacità nel difendere la nostra identità, rischiano di farci ricevere in
negativo quello che non sappiamo o non vogliamo offrire in positivo. Dunque,
un’accoglienza, non a senso unico!
Per favorire
l’integrazione dovremmo, a mio giudizio, agevolare chi condivide il nostro
tessuto culturale, spirituale e sociale, come alcuni anni fa propose il
cardinale Giacomo Biffi provocando molteplici critiche ideologiche. Affermò il
Cardinale: “In vista di una pacifica e
fruttuosa convivenza, se non di una possibile e auspicabile integrazione, le
condizioni di partenza dei nuovi arrivati non sono ugualmente propizie. E le
autorità civili non dovrebbero trascurare questo dato della questione” (La
città di San Petronio nel terzo millennio, EDB, 43). Che cosa significa? Che
la situazione culturale e anche religiosa del nuovo arrivato influiscono in
modo determinante nel processo d’integrazione. Detto questo dobbiamo però sempre
distinguere tra la dimensione delle persone e quella della religione. Ogni
migrante va sempre rispettato essendo depositario dei valori inalienabili alla
vita, alla dignità e alla libertà. E, gli stranieri al pari dei cittadini
italiani, devono essere valutati sulle loro azioni e sull’uso della responsabilità
individuale. Questo però non ci può far scordare, ad esempio, che i contenuti
dell’Islam e le prescrizioni del Corano cui fanno riferimento un terzo dei
migranti presenti in Italia, a volte sono incompatibili con le leggi dello
Stato, con le regole fondamentali della civile convivenza, con alcuni valori
base della nostra civiltà. Ecco allora la saggezza del monito del cardinale
Biffi: “le autorità civili non
dovrebbero trascurare questo dato della questione”. Inoltre, come ricordano da
alcuni studiosi dei fenomeni islamici, una forte presenza mussulmana
accresce l’islamizzazione di un’ Europa decadente, che ha scordato l’orgoglio verso
le proprie radici cristiane. Una situazione che dovrebbe preoccupare non solo i
cristiani ma anche i laici, poiché il tempo che stiamo vivendo ha molte
analogie con la fine dell’impero romano soprattutto riferendoci alle questione
antropologiche e demografiche. Affermò nel 2004 l’allora cardinale Joseph Ratzinger nel testo Senza radici (Mondadori) scritto in
collaborazione con il professor Marcello Pera: "Il confronto con l'Impero
Romano al tramonto si impone: esso funzionava ancora come una grande cornice
storica, ma in pratica viveva già di quei modelli che dovevano dissolverlo,
aveva esaurito la sua energia vitale" (pg. 51). Pensiero già espresso
alcuni anni prima dall’economista e sociologo francese Alfred Sauvy (1898-1990)
nell’ opera De la rumeur à l'histoire (Tet Gallimard) dove notò che la disfatta dell’Impero Romano fu
dovuta anche alla riduzione della sua popolazione che in due secoli diminuì del
50%.
Migranti e cristiani
Al cristiano inoltre, è
chiesto di proporsi come esempio per
chi professa la nostra religione,
facilitandoli anche nelle pratiche cultuali. Agli altri, con rispetto e umiltà,
è doveroso annunciare il Vangelo, illustrando il significato del nostro
appartenere al Signore Gesù, unico vero salvatore dell’umanità. Ma per
evangelizzare, ammoniva il cardinale Biffi, i cristiani “devono crescere sempre più nella gioiosa
intelligenza degli immensi tesori di verità, di sapienza, di consolante
speranza che hanno la fortuna di possedere: è un’effusione di luce divina,
assolutamente inconfrontabile con i pur preziosi barlumi offerti dalle varie
religioni e dall’Islam; e noi siamo chiamati a renderne partecipi
appassionatamente e instancabilmente tutti i figli di Adamo” (La
città di San Petronio nel terzo millennio, op. cit., 40).
Concludendo non
possiamo scordare l’impegno che i Paesi industrializzati dovrebbero assumersi concretamente
nell’identificare strategie di crescita e di sviluppo da attuare in loco, affinché in futuro sia garantito alle
popolazioni dei Paesi del Terzo Mondo il
diritto a non emigrare, evitando loro il dramma di intraprendere pericolosi “viaggi della speranza”.
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